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Consiglio, le opere d'arte sono "private"

REGGIO CALABRIA Sarebbe un vero problema se qualcuno svenisse all’improvviso in uno degli eleganti saloni del consiglio regionale, colto dagli spiacevoli effetti della sindrome di Stendhal. Palazzo…

Pubblicato il: 22/02/2016 – 15:47
Consiglio, le opere d'arte sono "private"

REGGIO CALABRIA Sarebbe un vero problema se qualcuno svenisse all’improvviso in uno degli eleganti saloni del consiglio regionale, colto dagli spiacevoli effetti della sindrome di Stendhal. Palazzo Campanella, in effetti, custodisce opere da mozzare il fiato. Alcune sono esposte e in bella vista, come il Tommaso Campanella di Mimmo Rotella, L’assassinio di Giuditta Levato di Mike Arruzza o La Fata Morgana di Maurizio Carnevali; altre invece vengono tenute nascoste e sono quasi off limits, forse per evitare i probabili sconvolgimenti emotivi dei visitatori. E così certe opere, anziché essere mostrate al pubblico, continuano a fare sfoggio di sé negli uffici privati dei politici regionali.
È il caso di uno splendido arazzo del 1800 tessuto interamente a mano dagli artigiani di San Giovanni in Fiore. L’opera, come riportava una delle ultime guide pubblicate dal consiglio regionale, «costituisce un vero e proprio reperto storico dell’arte tessile tradizionale calabrese». Peccato che a goderne possano essere solo pochi privilegiati, dal momento che oggi è “appesa” nell’ufficio del vicepresidente dell’assemblea, Pino Gentile. Inaccessibile ai calabresi, a disposizione della ristretta cerchia di ospiti dell’ex assessore cosentino. La cui aura di politico di lungo corso verrà certo accresciuta dalla possibilità di mostrare, quasi fosse un collezionista, un manufatto prezioso, interamente costituito da fili di lana e cotone il cui intreccio dovrebbe lasciare a bocca aperta un vasta platea di persone, se non dovesse invece soddisfare la fame artistica di un pezzo da novanta della politica calabrese.

MECENATI AL CONTRARIO C’è un altro mecenate al contrario ed è il governatore Mario Oliverio. Dietro la sua scrivania in Consiglio, infatti, campeggia un’altra opera che meriterebbe una “galleria” migliore. È la copia conforme del “Mappamondo di Fra’ Mauro”, un planisfero realizzato intorno al 1450 che rappresenta tutte le terre conosciute a quell’epoca, cioè prima della scoperta dell’America. La sua ostensione, anche in questo caso, è però privata: l’atlante storico fa da contorno, ormai da anni, a riunioni politiche tra oligarchi e capataz locali, magari anche utile per alimentarne la grandeur e il senso di onnipotenza, chissà.

(Il Mappamondo di Fra’ Mauro nell’ufficio di Oliverio)
mappamondo

In effetti poteva andare peggio. L’arazzo e il Mappamondo, quantomeno, hanno spettatori privilegiati. Altre opere sono state invece confinate nell’ombra, lontane dagli occhi degli uomini. È toccato alle splendide anfore in ceramica realizzate da Paolo Condurso. «Le opere d’arte sono di una solitudine infinita», osservava Rainer Maria Rilke. E aveva ragione: quelle del maestro seminarese sono chiuse in un armadio posto nel deposito sotterraneo del Consiglio, tra scrivanie ammassate e altre cianfrusaglie e chincaglierie. «Sono fragilissime, dobbiamo ancora trovare una collocazione che non le metta a rischio», spiegano i tecnici del Provveditorato.

(Le anfore di Condurso e il deposito dove sono custodite)
anfore
deposito

IL TRASLOCO L’arazzo di Gentile, il Mappamondo di Oliverio e le anfore di Condurso, fino a pochi anni fa, erano fruibili a tutti. Si trovavano nella Biblioteca dell’identità calabrese, al piano terra dell’Astronave calabrese. Quasi tutti i reperti e i volumi sono poi stati trasferiti nel grande Polo culturale “Mattia Preti”, inaugurato nel gennaio 2014, ad eccezione proprio delle due opere e dei manufatti in ceramica, che non hanno trovato posto nella nuova casa della cultura regionale. Gli spazi – ricordano ora alcuni addetti – non erano sufficienti per farci entrare tutto il materiale disponibile. Sicché le opere “in eccesso”, non si sa per decisione di chi, hanno (definitivamente?) cambiato status: confinate nel dimenticatoio oppure troneggianti nelle stanze dei bottoni. Se il mondo fosse chiaro – lo diceva già Camus – l’arte non esisterebbe. E infatti qui l’arte c’è; è piuttosto la chiarezza a latitare. Chi ha deciso la traslazione di quelle opere? Perché sono state “sottratte” per così tanto tempo all’ammirazione di turisti e visitatori?

RICOGNIZIONE Luigi Danilo Latella dallo scorso ottobre è il responsabile del Provveditorato, da cui dipende la gestione dei beni artistici (e non solo) del Consiglio. Pochi mesi di lavoro durante i quali è già stata avviata una ricognizione sulle opere presenti e sulla loro attuale collocazione, allo scopo di favorirne la massima valorizzazione. Probabilmente ci vorrà ancora del tempo prima di rivedere l’arazzo, il mappamondo e le anfore nuovamente esposte al pubblico.
Dopotutto l’arte «non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è» (Klee): ecco, le verità figlie dell’ispirazione, per il momento, sono appannaggio esclusivo di Oliverio e Gentile. Ma almeno si possono dire scongiurati i rischi collettivi legati alla sindrome.

Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it

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