Il piano di rientro della sanità è stato ed è il Moloch a cui le regioni italiane ritenute meno virtuose hanno dovuto inchinarsi. La Calabria, che nell’immaginario collettivo era classificata fra le regioni sprecone, ha dovuto pagare più di altre i costi del Piano di Rientro con un commissariamento tanto lungo, quanto inutile.
Facendo un bilancio di più di 6 anni di commissariamento, dobbiamo notare con rammarico che nessuno dei problemi strutturali della sanità è stato risolto, che il disavanzo delle strutture sanitarie continua ad essere rilevante, che i Lea sono lontani dagli standard nazionali, che ai problemi già atavici il piano di rientro ha aggiunto nuove criticità perché riducendo le risorse e bloccando le assunzioni ha reso problematici i servizi sanitari.
L’effetto di questo stato di cose è che ad esempio negli ospedali calabresi mancano gli ausiliari, cosa apparentemente che potrà apparentemente sembrare di poco conto, ma un minimo di conoscenze organizzative ci fa capire che un esercito di generali, senza soldati, ha ben poca strada davanti. Perché sono sicuramente importanti le strutture e le competenze mediche, ma alla fine la logistica del malato è pur sempre fondamentale, soprattutto in quelle patologie che necessitano di diagnosi e interventi urgenti.
Un altro effetto perverso del piano di rientro è l’utilizzo dei tanto vituperati tagli lineari per ridurre il disavanzo. Taglio lineare significa penalizzazione delle strutture virtuose rispetto a quelle non virtuose.
L’Azienda ospedaliera “Bianchi Melacrino Morelli” che in Calabria costituisce un’eccellenza, perché è l’unica struttura sanitaria in Calabria ad avere avuto un bilancio in attivo, perché l’unica ad avere dei tempi virtuosi di pagamento nel corso del 2015, è costretta a subire gli stessi tagli delle Aziende sanitarie ed ospedaliere meno virtuose.
E questo non può che farci ritornare all’atavico problema della gestione della cosa pubblica in Calabria. Se andiamo ad indagare dove esiste un buon management, dove esiste una struttura organizzativa e una burocrazia che funziona i risultati non sono dissimili dal resto del Paese. Dove, invece, abbiamo sacche di incompetenza, sacche di clientelismo, manager incompetenti e strutture organizzative inefficienti allora si verifica lo spreco e la cattiva gestione.
La soluzione allora non è quella del commissariamento, dei piani di rientro e dei tagli lineari. La soluzione è più semplice. Bisogna valutare periodicamente il management e mandare a casa incompetenti e incapaci, anche e soprattutto se amici e sodali dei politici di turno, bisogna valutare la burocrazia e, con lo strumento della rotazione dei dirigenti, valorizzare le competenze e mettere gli incompetenti in condizione di non nuocere, bisogna incentivare comportamenti virtuosi, dando più risorse a chi raggiunge gli obiettivi e togliendole a che non li raggiunge.
Valutazione e sistema premiale sono gli strumenti per migliorare la sanità piuttosto che un piano di rientro e un commissariamento che stanno sostanzialmente impoverendo la sanità calabrese e accentuando i differenziali fra i Livelli essenziali di assistenza rispetto al resto Paese.
L’effetto tangibile di questo è la mobilità sanitaria che oggi vale tre volte il disavanzo della sanità calabrese. Se, quindi, riducessimo solo di un terzo la mobilità sanitaria non avremmo problemi di piano di rientro!
Ma per ridurre la mobilità sanitaria non serve un Commissario ad Acta, serve piuttosto che il sistema sanitario calabrese abbia Credibilità con la C maiuscola e questa, com’è noto, si conquista sul campo con i risultati e non si consegue per decreto.
Vogliamo una sanità normale in Calabria, dove normale significa competenza, efficienza, merito e dove il clientelismo, l’incompetenza e lo spreco siano messi alla porta. Il vero Piano di rientro è questo: Il rientro nella normalità!
*docente di Politica Economica Università “Mediterranea” di Reggio Calabria
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