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Clan e gioco d'azzardo, chieste nove condanne

REGGIO CALABRIA Arrivano le richieste di pena per gli imputati del procedimento abbreviato Gambling, scaturito dall’inchiesta che ha svelato come la ‘ndrangheta abbia trasformato affermate società …

Pubblicato il: 23/02/2016 – 15:44
Clan e gioco d'azzardo, chieste nove condanne

REGGIO CALABRIA Arrivano le richieste di pena per gli imputati del procedimento abbreviato Gambling, scaturito dall’inchiesta che ha svelato come la ‘ndrangheta abbia trasformato affermate società di gioco online in gigantesche lavatrici di denaro sporco, grazie a due organizzazioni, una diretta espressione delle ‘ndrine, una seconda prettamente finalizzata al gioco illecito ma con la prima ben disposta a collaborare. Per Luca Adornato e Marco Postorino, che di quest’ultima sono considerati due dei capi promotori, il pm Sara Amerio ha chiesto oggi la condanna a 4 anni e 4 mesi per associazione a delinquere aggravata dall’aver favorito la ‘ndrangheta, truffa, intestazione fittizia e violazione della normativa sui giochi. È invece di 2 anni e 8 mesi di carcere la pena invocata per Carmela Quattrone, Caterina Marcianò, Fortunato Salvatore Quattrone, Pasquale Scappatura, Marco Mollica, Domenico Tegano e Mariano Tegano, considerati partecipi della medesima associazione, ma accusati anche di truffa e violazione della normativa sul gioco d’azzardo.

AMMISSIONI Un mondo complesso, ricostruito dai pm Giuseppe Lombardo, Stefano Musolino, Rosario Ferracane e Sara Amerio grazie alle minuziose indagini che hanno preceduto l’esecuzione dell’operazione nel luglio scorso, ma anche alle rivelazioni di quegli indagati che a vario titolo e in varia misura hanno deciso di collaborare con la Procura. Se il principale indagato, Mario Gennaro, ha iniziato un percorso di collaborazione coerente e in questi primi cruciali sei mesi sta mettendo a verbale tutto quello che sa sui meccanismi di funzionamento del sistema e sui personaggi coinvolti, in tanti fra gli indagati a lui direttamente riferibili hanno fornito anche parziali ammissioni servite – in primo luogo – per riscontrare le dichiarazioni del neo-collaboratore.

IL SISTEMA Tutti elementi che stanno contribuendo a svelare gli infiniti interessi della holding del gioco online che – grazie ad un complesso sistema di trust che occultavano la reale identità delle società di gioco – ha disseminato l’Italia e non solo di centri scommesse illegali, che permettevano di scommettere su tavoli virtuali di cui l’Aams – l’autorità che in Italia regola giochi d’azzardo e scommesse – poco o nulla sapeva. Un sistema illecito che anche “Vins” Giuliani, considerato il dominus dell’organizzazione che con le ‘ndrine collaborava pur non essendone diretta espressione, ha quanto meno in parte ammesso. Presentatosi spontaneamente di fronte al pm dopo la chiusura delle indagini, Giuliani ha dichiarato di essere cosciente di operare al limite della legalità – se non decisamente oltre la linea di demarcazione del gioco clandestino – ma ha respinto ogni accusa di connessione con la ‘ndrangheta.



SECONDA ORGANIZZAZIONE Eppure, proprio questa è la novità – cristallizzata nella contestazione dell’aggravante mafiosa – introdotta al termine delle indagini su quella seconda organizzazione che per anni ha lavorato gomito a gomito con quella dei clan. Per i pm, la complessa organizzazione che aveva in Giuliani il suo dominus, non solo avrebbero commesso un’infinita serie di reati che vanno dall’esercizio abusivo di attività di gioco e scommesse, all’omessa dichiarazione dei redditi e Iva, passando per la truffa aggravata ai danni dello Stato, ma per farlo avrebbero in alcuni casi palesemente utilizzato un metodo mafioso.

AGGRAVANTE È questa l’aggravante – allo stato – contestata a Caterina Marcianò, Silvio Baione, Fortunato Salvatore Quattrone, Pasquale Scappatura, Marco Mollica, Sasha Ubaldo Ruggeri, Cosimo William Apice, Giancarlo Apice, Francesco Carmelo Dattola, Francesco Sergi, Gaetano Cipolla, Giovanni Cipolla e Francesco Ollio, considerati espressione dell’alter ego reggino della società di Giuliani, impegnata a diffondere sul territorio i sistemi di gioco – in gergo, skin – SlimBet e Softbet, grazie ai più tipici metodi di intimidazione mafiosa.

I SISTEMI Se nuovi e raffinati erano dunque i sistemi di gambling e scommesse online che i quattro imponevano a centri scommesse, tabaccherie e ricevitorie, i metodi per creare un vero e proprio monopolio del gioco illecito erano quelli di sempre: patti territoriali con soggetti intranei o collusi con le ‘ndrine in grado di garantire non solo l’apertura di nuovi centri, ma anche di fornire garanzie in termini di circolazione di denaro e spartizione dei profitti. Danari spesso versati fisicamente – dunque in maniera del tutto illecita secondo la normativa vigente – a Reggio Calabria ma che andavano a ingrassare le casse delle diverse organizzazioni coinvolte nel sistema nascoste nei più noti paradisi fiscali e occultate da “comode” fiduciarie. Un vorticoso giro di danari derivanti tanto da giochi e scommesse on line, come dalle attività economiche deputate a gestirle che proprio a Giuliani è costato una contestazione di intestazione fittizia. Formalmente a incamerare tutti i proventi era la Softbet Ltd., apparentemente riferibile al maltese Francois Farrugia, ma in realtà nella pressoché totale disponibilità di Vins Giuliani.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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