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Processo Scacco Matto, l'Appello ribalta la sentenza di primo grado

REGGIO CALABRIA Una valanga di assoluzioni che si aggiungono a quelle del primo grado, qualche revisione al ribasso delle condanne e poche conferme. Esce fortemente ridimensionata dalla sentenza de…

Pubblicato il: 23/02/2016 – 18:46
Processo Scacco Matto, l'Appello ribalta la sentenza di primo grado

REGGIO CALABRIA Una valanga di assoluzioni che si aggiungono a quelle del primo grado, qualche revisione al ribasso delle condanne e poche conferme. Esce fortemente ridimensionata dalla sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria l’inchiesta Scacco Matto, che nel 2011 ha colpito la componente imprenditoriale e militare del clan Longo di Polistena. Erano stati tutti condannati a pene pesanti ma sono stati assolti dai giudici Antonio Cutano (11 anni e 6 mesi in primo grado) Luigi Cutano (11 anni e 6 mesi in primo grado) Domenico Longo classe 1948 (12 anni in primo grado) Francesco Longo (10 anni in primo grado) ) Vincenzo Longo (7 anni e 4 mesi in primo grado) Rocco Longo (3 anni e 4 mesi in primo grado). A queste c’è da aggiungere la conferma dell’assoluzione di Francesca Longo, la riqualificazione del fatto contestato a Francesco Aquino, per questo non punibile, come pure la prescrizione o assoluzione delle accuse mosse a Alberto Maladrin. Passa invece da 16 a 14 anni la condanna decisa per Luigi Longo, mentre rimedia 9 anni e 1 mese in luogo dei 12 anni e 4 precedentemente incassati Domenico Aquino. Dovranno invece scontare 11 anni ciascuno Giovanni Longo e Giovanni Gullace, in primo grado rispettivamente condannati a 12 anni e 6 mesi e 12 anni, mentre passa da 9 a 7 anni Maria Rosa Grimaldi. Tutte confermate invece le condanne di Giuseppe Longo (11 anni), Domenico Muzzupapa (9 anni,) Domenico Squillace (12 anni), Vincenzo Varamo (9 anni). L’inchiesta, istruita dal pm Marco Colamonici e difesa in dibattimento dal pm Matteo Centini, aveva ricostruito affari e interessi del clan Longo, fotografato tanto nel suo aspetto militare e di controllo del territorio, come sul versante imprenditoriale. A emergere era stata la fotografia di un clan pienamente inserito nelle dinamiche criminali della Piana di Gioia Tauro, in grado di controllare il proprio territorio – Polistena – con minacce, estorsioni e boicottaggi, ma anche di sviluppare una raffinata strategia per condizionare gli appalti pubblici. Una fotografia probabilmente fedele alla realtà, ma per la Corte non sufficientemente provata.

a.c.

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