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«Migranti, la finta emergenza favorisce gli affaristi»

COSENZA L’accoglienza che si trasforma in “finta emergenza”, i Centri di accoglienza straordinaria della provincia di Cosenza che rubano dignità a coloro che vi abitano, richiedenti asilo costretti…

Pubblicato il: 24/02/2016 – 9:25
«Migranti, la finta emergenza favorisce gli affaristi»

COSENZA L’accoglienza che si trasforma in “finta emergenza”, i Centri di accoglienza straordinaria della provincia di Cosenza che rubano dignità a coloro che vi abitano, richiedenti asilo costretti a dormire per strada o alla stazione perché i posti negli Sprar non bastano e le «istituzioni competenti non riescono a individuare soluzioni dignitose». L’associazione cosentina La Kasbah denuncia: «Sono circa 300 i richiedenti asilo collocati all’interno dei cosiddetti Centri di accoglienza straordinaria in una delle Provincie più grandi di Italia; basterebbe, come da più tempo suggerito, prevedere una distribuzione capillare sui territori comunali per risolvere in breve tempo questa finta emergenza. Si preferisce invece creare ad arte un regime emergenziale, funzionale a favorire l’affarista di turno che lucra sulla pelle di queste persone e continuare a far finta che non esistano questi ragazzi richiedenti asilo che da mesi dormono alla stazione». I volontari dell’associazione le conoscono una per una queste anime disperate e la loro indignazione è forte. «Hanno tutti bisogno di una casa – scrivono in una nota gli attivisti de La Kasbah – di assistenza medica, di affiancamento per la presentazione della richiesta di asilo e sostegno per l’audizione in Commissione: servizi che le istituzioni preposte continuano sistematicamente a negare, come denunciamo da sempre. Nel vuoto pneumatico locale, istituzionale e no, in cui queste persone titolari di diritti costituzionalmente garantiti vengono da anni relegate in questa città, è solo grazie all’intervento di quelle poche associazioni con cui da anni interagiamo, che riusciamo, a gran fatica, a garantire servizi minimi di tutela a persone che sono rimaste fuori dal circuito dell’accoglienza: l’ambulatorio medico Senza Confini, l’Unità di strada della Caritas e l’Equipe per le vittime di tortura, dove insieme a personale medico specializzato e ad operatori sensibili, incontriamo persone segnate da traumi, spesso invisibili, legati a violenza e torture sia nei paesi di origine che in quelli di transito e approdo. Traumi derivanti da contesti di guerra e persecuzione che sono le vere cause che costringono queste persone a scappare dalle loro terre».

ACCOGLIENZA SULLE SPALLE DEI VOLONTARI L’attività di accoglienza e assistenza passa, quotidianamente e quasi esclusivamente, sulle spalle dei volontari: «Quotidianamente li affianchiamo nel farraginoso iter procedurale presso la Questura di Cosenza per formalizzare la richiesta di asilo e li assistiamo fino al momento della convocazione presso la Commissione che deciderà se riconoscere o meno una forma di protezione. In caso di esito negativo, insieme agli avvocati dello sportello legale “G. Commisso”, viene garantita loro tutela legale al fine di scongiurare il rischio dell’espulsione e dell’invio presso i Cie. Puntualmente segnaliamo la loro presenza sul territorio affinché venga individuato nel più breve tempo possibile un progetto di accoglienza nella rete dello Sprar. Molti dei richiedenti asilo che a Cosenza, in particolare nell’ultimo anno, vivono per strada e dormono presso la stazione, in seguito a nostra richiesta sono stati inseriti in diversi progetti Sprar della Provincia di Cosenza, laddove vi era disponibilità di posti». Purtroppo «i posti disponibili nel circuito dello Sprar non bastano a coprire il fabbisogno reale. L’attuale sistema di accoglienza presenta storture e lacune che spesso ricadono interamente sulle spalle di singoli e associazioni che provano a contenere gli effetti devastanti subiti dai richiedenti asilo. L’unica soluzione possibile rimane quella dell’ampliamento dei posti in accoglienza nella rete dello Sprar che, salvo qualche eccezione, rappresenta un modello virtuoso in quanto fondato sulla logica dei piccoli numeri e in grado di garantire la tutela legale, sociale e sanitaria di persone in fuga da contesti violenti. Ci auguriamo per questi ragazzi che la soluzione non sia quella dell’invio nel Cas di turno, ma soprattutto che le loro esistenze non vengano nuovamente risucchiate nel vortice dell’indifferenza generale della città, nel momento in cui i riflettori si spegneranno».

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