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Terroristi tra i migranti? «Nessun riscontro»

Non c’è alcun riscontro su possibili infiltrazioni terroristiche nei flussi migratori provenienti dal Nord Africa. Lo mettono nero su bianco i responsabili dell’intelligence, che nella relazione an…

Pubblicato il: 02/03/2016 – 20:52
Terroristi tra i migranti? «Nessun riscontro»

Non c’è alcun riscontro su possibili infiltrazioni terroristiche nei flussi migratori provenienti dal Nord Africa. Lo mettono nero su bianco i responsabili dell’intelligence, che nella relazione annuale scrivono «il rischio di infiltrazioni terroristiche nei flussi migratori, quanto alla direttrice nordafricana, nonostante ricorrenti warning, non ha trovato specifici riscontri». Nonostante gli spettri più volte agitati da diverse parti – soprattutto politiche – nella stagione degli sbarchi, non ci sono pericolosi jihadisti nascosti fra l’esercito di disperati che tentano di approdare sulle coste italiane. O quanto meno, non sono mai stati trovati. Eppure di migranti ne sono arrivati tanti. Secondo i dati del Ministero dell’Interno, a sbarcare sulle coste italiane sono state 153.842 persone. Con buona pace di chi, per mesi, anche in Calabria ha gridato “all’invasione”, si tratta di numeri inferiori a quelli del 2014, ma il flusso di arrivi è stato ugualmente monitorato con attenzione. E per diversi motivi.

LA ROTTA BALCANICA Primo, si tratta in larga parte di profughi provenienti da teatri di crisi – Siria, Libia, area subsahariana e del Corno d’Africa – infiltrati in parte da espressioni terroristiche di matrice islamista. Per quanto riguarda le rotte mediterranee, l’allarme su possibili infiltrazioni è stato – al momento – rotondamente smentito, mentre «più concreto» – si legge invece nella relazione – è il pericolo legato ai tentativi di infiltrazione lungo le rotte balcaniche, dove Kosovo e Macedonia, da anni ormai fanno da vivaio a foreign fighters poi mandati ad immolarsi su altri fronti. Secondo gli 007 italiani, sono oltre 900 i volontari della zona arruolatisi nelle file del jihadismo combattente, anche grazie a realtà oltranziste consolidate, fra cui una pletora di movimenti salafiti/wahhabiti che da tempo hanno costituito una solida rete di supporto per agevolare il rientro di combattenti dalla Siria e dall’Iraq. Nell’ex territorio dell’Uck – i cui contatti con l’area qaedista sono da tempo documentati – si sta progressivamente sviluppando una preoccupante centrale di reclutamento e appoggio logistico.

BUSINESS CRIMINALE Ma l’esodo di massa che ha portato milioni di migranti a bussare alle porte della fortezza Europa è sotto gli occhi dell’intelligence anche per un altro motivo. Per gli 007, il traffico di vite umane «costituisce un busi¬ness rilevante per diversi circuiti illegali de¬diti al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina i quali, forti del controllo del territorio, assicurano il necessario sostegno logistico in termini di fluidificazione e con¬tinuità dei diversi segmenti delle direttrici di trasferimento e di procurement di docu¬menti falsi o rubati». A gestire il mercato delle vite umane – spiega l’intelligence – sono «gruppi criminali» in grado di «esercitare un capillare controllo delle aree interessate dal traffico e di fornire il necessario supporto logistico ai migranti, anche ricorrendo alla corruzione nelle aree di partenza, di transito e di imbarco».

TRAFFICANTI AI RAGGI X Nel Nord Africa – si legge nella relazione – le organizzazioni di trafficanti,« a prevalente composizione multietnica, sono per lo più libiche, egiziane, somale, eritree, sudanesi, nigeriane e maliane, mentre nel Mediterraneo orientale operano reti criminali a prevalente matrice turco-irachena, con il diffuso coinvolgimento di elementi greci e ucraini – questi ultimi impiegati soprattutto come scafisti– e talvolta anche di soggetti asiatici (afghani, iracheni, iraniani e pakistani)». Per l’intelligence non si tratta di criminali di nuovo conio, ma solo di personaggi da tempo dediti a traffici illeciti che – considerata «l’elevata remuneratività del traffico» – hanno ampliato i settori di business, affiancando a narcotraffico e contrabbando il traffico di esseri umani «talvolta condividendone la gestione con formazioni armate irregolari, soprattutto in Libia».

SNODO LIBICO Qui – si legge nella relazione – operano «organizzazioni di trafficanti strutturate e flessibili, a prevalente composizione multietnica, in grado di gestire tutte le fasi del trasferimento e di interagire come un network, anziché secondo logiche associative strutturate gerarchicamente, dimostrandosi capaci di approfittare delle favorevoli opportunità contingenti nello scenario mediterraneo, nonché delle disomogeneità tra le legislazioni dei Paesi interessati per rimodulare prontamente direttrici e forme di trasferimento». Per gli 007 dunque, il Paese precipitato nel caos interclanico dalla caduta del regime di Gheddafi è oggi «snodo prioritario e privilegiato della deriva migratoria africana in direzione dell’Europa, complici la locale diffusa instabilità politica e l’assenza di un efficace dispositivo di contrasto anticrimine»

BUSINESS CRIMINALE ANCHE IN ITALIA Ma il raggio di azione dei trafficanti di uomini non si limita alla Libia, o alle rotte di terra – gestite in larga parte dal network somalo – che dal Nord Africa portano alle basi di partenza verso l’Europa. «In Italia – si legge nella relazione – si è assistito alla proliferazione di gruppi criminali etnici composti preva¬lentemente da soggetti egiziani, del Corno d’Africa e da ultimo rume¬ni, specializzati sia nella falsificazione do¬cumentale – compresa quella necessaria a concludere assunzioni fittizie in settori del lavoro stagionale – sia nel fornire assistenza ai migranti per il trasferimento dai centri di accoglienza alle località di destinazione nel Nord Europa».

CAPORALATO Ma a preoccupare maggiormente l’intelligence sembra essere la gestione criminale dei lavoratori migranti, condannati alla clandestinità e per questo preda di organizzazioni criminali straniere, che non hanno avuto difficoltà alcuna a integrarsi con quelle autoctone. «Gli approfondimenti – scrivono gli 007 – hanno fatto emergere non solo illeciti profitti a beneficio dei “caporali”, talora della mede¬sima matrice etnica dei braccianti, ma anche forme di intimidazione con modalità mafio¬sa. In qualche caso, si è registrato il coinvol¬gimento di circuiti criminali italiani per la gestione dei lavoratori nelle aree di volta in volta più remunerative, con pesanti conse¬guenze sui processi di integrazione e di con¬vivenza, specie nei contesti ove la periodica concentrazione di migranti può degenerare in episodi criminogeni o violenti». In sintesi, i migranti finiscono per essere vittime di un duplice business, nel quale sono merce tanto per gli stranieri che li trasportano da una sponda all’altra del Mediterraneo, come per gli italiani che li impiegano in campi e agrumeti. Entrambi sono criminali.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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