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Decadenza del mandato contro il trasformismo politico

Benché i dati siano stati diffusi da qualche settimana, scuote sempre leggere che in meno di due anni 185 parlamentari hanno cambiato casacca. Non è solo la consistenza del numero a indurre alla ri…

Pubblicato il: 05/03/2016 – 9:47

Benché i dati siano stati diffusi da qualche settimana, scuote sempre leggere che in meno di due anni 185 parlamentari hanno cambiato casacca. Non è solo la consistenza del numero a indurre alla riflessione, quanto di come sia stato ridotto il Parlamento che appare sempre più affollato di arrampicatori privi di ideali che non siano quelli di un interesse personale.
Cosa si vuole che importino a questi molto “onorevoli” soggetti i bisogni degli italiani, del potere d’acquisto delle famiglie che si assottiglia mese dopo mese, dei giovani in cerca di lavoro che aumentano fino a raggiungere la vetta della classifica dei Paesi europei; che cosa può loro importare dei poveri (vecchi e nuovi), dei senza tetto, dei bambini malnutriti?
Il Governo esulta, e l’informazione gli fa bordone, quando afferma che il Paese ha raggiunto lo zero virgola qualcosa della crescita. Così si tira a campare ancora per qualche tempo senza affrontare responsabilmente i problemi per una crescita vera.
Se questi sono gli ideali cui gli italiani debbono rifarsi, se i partiti politici sono ridotti a dover chiedere disinvoltamente il sostegno delle opposizioni per ottenere la fiducia un tempo demandata alle sole forze di maggioranza, se il Parlamento rimane semplice spettatore di fronte al passaggio da uno schieramento all’altro di una pletora impunita di deputati cosa volete che possa interessare la tragedia di quegli italiani che non sanno più come vivere e di quelle popolazioni che fuggono dalle guerre e ci chiedono, dopo aver sfidato il Mediterraneo, di essere aiutati?
E non si creda che il fenomeno del trasformismo politico affligga solo chi siede nei due palazzi della politica romana. Basta trasferire il pensiero alle regioni e ai consigli degli 8.092 comuni italiani per ricavare un quadro desolante.
E allora perché non intervenire? Cosa osta a trovare un antidoto ad una pratica così diffusa che non fa onore a nessuno?
È vero che l’appartenenza del deputato ad un gruppo è obbligatoria e disciplinata dai regolamenti parlamentari. Ed è altrettanto vero che negli anni Camera e Senato hanno tentato di regolamentare il mandato vincolandolo al partito in cui il parlamentare è stato eletto. Ma, purtroppo, non sono stati raggiunti i risultati sperati. Il parlamentare, secondo quanto prescrive la Costituzione, «rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»; il che significa che è libero di esercitare la sua funzione senza essere obbligato a votare come indica il partito di appartenenza. E fin qui nulla quaestio. Il problema si pone, invece, dal punto di vista della moralità, quando il parlamentare decide di lasciare il partito nel quale è stato eletto per approdare ad un altro. In tal caso non dovrebbe intervenire la libertà di espressione ma, trattandosi della violazione di un patto morale tra eletto ed elettore, di un tacito accordo etico che si instaura, da una parte con l’accettazione del programma elettorale del candidato e dall’altra con il voto dell’elettore, si dovrebbe giungere a conseguenze estreme come il ritorno alla laicità. Si tratta, per così dire, della interruzione di un contratto morale che meriterebbe di essere tutelato in maniera forte e sanzionato come avviene negli Stati Uniti quando si accerta che un politico ha detto una bugia ai cittadini.
Tradire queste regole dovrebbe comportare la perdita delle funzioni da parlamentare anche nel nostro Paese.
È incontestabile, al netto dei voti clientelari, che gli elettori scelgono il candidato da votare tenendo conto del programma che presenta, dell’impegno che dimostra di avere assunto verso la soluzione dei problemi, ma soprattutto del partito con il quale si candida nel rispetto degli ideali politici che, meno male, in qualcuno continuano a contare. Trovarselo dopo un po’ di tempo in un altro schieramento, spesso anche ideologicamente opposto al precedente, è lo stesso che sentirsi traditi e non è facile da digerire.
Ecco perché, come accade in alcuni Paesi, anche europei, il passaggio da uno schieramento all’altro dovrebbe comportare la decadenza dal mandato.
La politica dovrebbe farsi carico di questo problema e dimostrare tangibilmente la volontà di risolverlo, ci si augura, in maniera seria e non, come spesso accade, facendo ricorso ai cosiddetti pannicelli caldi che servono solo a dare risposte di comodo. C’è bisogno della volontà di rivedere il sistema elettorale in modo da rimettere in piedi il principio della territorialità ed il rapporto tra eletto ed elettore, ma soprattutto è indispensabile dare al Paese una legge sulle rappresentanze politiche che sanzioni in modo esemplare il problema dei transfughi che i Padri costituenti sicuramente non sognavano di tutelare.

*giornalista

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