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La realtà vista da Mc Mafia

COSENZA Paolo Borsellino diceva: «Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione e sui giornali. Però parlatene». Forse il magistrato a quel tempo non poteva immaginare che di mafia si p…

Pubblicato il: 05/03/2016 – 10:51
La realtà vista da Mc Mafia

COSENZA Paolo Borsellino diceva: «Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione e sui giornali. Però parlatene». Forse il magistrato a quel tempo non poteva immaginare che di mafia si poteva parlare anche attraverso altre forme d’arte. E perché no, anche attraverso il fumetto. Ci ha pensato, qualche anno più tardi, il Museo del fumetto di Cosenza per celebrare i dieci anni dell’associazione calabrese “daSud”. Una mostra delle tavole di alcuni tra i più importanti fumettisti italiani, in cui si ripercorre la storia di come con l’evoluzione del fumetto sia cambiata anche la rappresentazione dei grandi mali – ma anche del loro contrasto – che affliggono il nostro paese.
«Abbiamo scelto un modo diverso di parlare di mafia e antimafia per evitare di cadere nei soliti clichè. E il fumetto, grazie alla bravura di alcuni autori, riesce a raccontare delle storie e riesce soprattutto ad arrivare al pubblico, suscitando anche delle emozioni», ha spiegato Luca Scornaienchi, responsabile artistico del Museo cosentino e curatore della mostra. «Scoprire come il fumetto si è occupato delle mafie dal dopoguerra a oggi rappresenta un importante elemento di ragionamento per capire come si sono evolute le mafie. E questo non riguarda soltanto il fumetto militante ma anche il fumetto classico», le parole del fondatore di daSud, Danilo Chirico.
Dalla mafia russa raccontata da Dylan Dog, alla Little Italy de Il Padrino attraverso le ricerche dello storico investigatore Nick Raider, per giungere a riproduzioni più recenti, come l’omertà raffigurata nelle vignette bianche di O’ Malamente. O ancora, alcune opere del progetto Nero Napoletano, che racconta storie quotidiane di una città devastata dalla guerra tra gruppi criminali. E sempre di camorra, ma questa volta con un volto femminile, parla anche la Carriera criminale di Clelia C. Presente anche Lady Mafia, la giustiziera del sud che appena uscita non piacque all’antimafia parlamentare. Si passa poi alla satira, con Staiano e Mauro Biani e all’attualità, con lo sberleffo di Mafia Capitale in primo piano. L’antimafia è invece raffigurata col volto di Antonino Caponnetto, che il vignettista Luca Ferrara intitola “Non è finito tutto”, parafrasando l’espressione piena di sconforto che il giudice pronuncio subito dopo la strage di Via D’Amelio. Ma l’antimafia è anche il giullare contro la mafia, Peppino Impastato, e poi la vita di redazione vista con gli occhi di Pippo Fava e il sorriso di Giancarlo Siani.
Chirico definisce Mc Mafia come «la rappresentazione della mafia nell’era della globalizzazione. Il suo nome vuole comunicare la contemporaneità del fenomeno mafioso e anche la sua presenza nella vita quotidiana delle persone». Un nuovo sguardo quindi, quasi necessario, in uno scenario caratterizzato da tematiche complesse che spesso non riusciamo ad interpretare. E in questo, forse solo l’arte può darci una mano, ed è per questo che l’associazione vuole portarla anche nelle scuole.
Il percorso di Mc Mafia è iniziato lo scorso ottobre nel Museo di Roma in Trastevere, contando circa quattromila visitatori con una buona risonanza da parte delle stampa. «Abbiamo ricevuto l’attenzione di media nazionali e internazionali, come El Pais – afferma Scornaienchi –. Era il periodo d’oro di Mafia Capitale e l’attenzione su certi temi era molto alta».
La mostra rimarrà a Cosenza fino al 26 marzo. Sul futuro di Mc Mafia, la stessa associazione non nasconde la speranza che possa diventare itinerante e che possa toccare altre città: «Speriamo che sia soltanto l’inizio di un lungo cammino e che il fumetto ci aiuti a dire che le mafie sono una delle grandi questioni di questo Paese».

LA CALABRIA DI MC MAFIA Vittime di ‘ndrangheta, vittime innocenti o vittime di misteri mai risolti. Così viene rappresentata la Calabria nella mostra di Mc Mafia. Tre disegni raffigurano la storia di Roberta Lanzino: c’è il suo motorino, c’è il mare e c’è quella Fiat che la costrinse a fermasi. C’è il suo volto e ci sono soprattutto due sagome indefinite di quegli assassini che, anche nella realtà, a distanza di anni non hanno un volto.
Un altro disegno raffigura invece un uomo che osserva impotente una nave che affonda. È Natale De Grazia, il capitano di marina morto in circostanze che non hanno convinto nessuno: in quegli anni stava indagando sulle navi dei veleni e per qualcuno non doveva farlo. Un altro mistero calabrese.
Lollò Cartisano è rappresentato nella mostra in due modi diversi. C’è uno dei disegni contenuti all’interno del libro “L’ultima foto alla ‘ndrangheta”, un romanzo a fumetti di Luca Scornaienchi e Monica Catalano. Ma c’è anche e soprattutto la sua machina fotografica. Infatti, al centro della sala c’è uno spazio dedicato agli oggetti che i familiari delle vittime hanno voluto donare alla mostra. Lollò era un fotografo della Bovalino degli anni 80, quella dei sequestri sull’Aspromonte, di cui anche lui fu vittima. La denuncia ai suoi estorsori gli costò la vita a Pietra Cappa, una delle vette dell’Aspromonte diventata il simbolo della “Bovalino libera”.
Nella stessa teca tanti altri simboli. L’orologio da taschino del mugnaio di Gioiosa Ionica, che già negli anni 70 combatteva contro il racket. La cravatta di Giuseppe Tizian, funzionario di banca, i cui sani principi lo portarono a denunciare i movimenti illeciti di capitali all’interno della propria filiale. C’è anche la lettera disperata che Vincenzo Grasso inviò ad alcune testate giornalistiche dopo l’ennesimo attentato che distrusse la sua azienda. E infine c’è una cartolina, il compito in classe di un bambino e un gagliardetto dell’Ac Locri, la squadra di calcetto di Massimiliano Carbone. Non era un imprenditore o un commerciante, ma semplicemente era un padre che voleva dare dignità alla vita di un figlio, nato da una storia pericolosa.

Adelia Pantano
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