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Imprenditore si ribella agli usurai: 34 fermi nella Locride

REGGIO CALABRIA C’è la denuncia di un imprenditore che ha deciso di ribellarsi ai suoi usurai dietro i trentaquattro fermi eseguiti questa mattina all’alba per ordine della procura di Reggio C…

Pubblicato il: 10/03/2016 – 7:01
Imprenditore si ribella agli usurai: 34 fermi nella Locride

REGGIO CALABRIA C’è la denuncia di un imprenditore che ha deciso di ribellarsi ai suoi usurai dietro i trentaquattro fermi eseguiti questa mattina all’alba per ordine della procura di Reggio Calabria. In manette sono finiti trentaquattro uomini legati o orbitanti attorno ai clan della zona, gli Ursino-Macrì, i Jerinò, i Rumbo-Galea-Figliomeni, i Bruzzese, i Mazzaferro, tutti coinvolti in un vasto giro di usura. Una spirale in cui era finito anche il titolare di un’azienda di produzioni grafiche e tipografiche, che per venir fuori dalle difficoltà in cui la crisi l’aveva sprofondato, si era rivolto ai clan per un piccolo prestito. Una richiesta che si convertirà in una condanna.

IL GIOGO USURARIO Costretto a restituire quel debito a tassi da capogiro – «secondo i nostri tecnici oscillavano fra il 2 e il 15% mensile e il 43 e il 461,25% annuale» spiega il procuratore capo Federico Cafiero de Raho – per anni l’uomo si è piegato al volere dei clan. «Quando non era in grado di far fronte ai pagamenti mensili – riferisce il tenente William Vinci della Guardia di finanza di Locri – il clan gli forniva le partite Iva di una serie di società vicine cui intestare fatture per operazioni inesistenti in modo da far ottenere loro benefici fiscali». In alternativa, veniva costretto a comprare auto di lusso. «A lui – dice Vinci – però restava solo la rata mensile da pagare. L’auto veniva usata o rivenduta dagli uomini del clan».

USURA, REATO GIOVANE Operazioni – continua il tenente – «mai viste fino ad ora in Calabria», dove l’usura – ricorda il procuratore aggiunto Nicola Gratteri – «per la ‘ndrangheta è un reato giovane. In precedenza era considerato troppo riprovevole, anche se questo non vuol dire che in passato esistesse una ‘ndrangheta buona. Ci sono state stragi a cui non sono sopravvissuti neanche i gatti. Semplicemente, adesso, uno spicchio dei proventi del narcotraffico viene utilizzato questo settore dell’economia criminale». E con estrema efficacia. Immessi nel circuito legale tramite prestiti di cui nessuno è a conoscenza, i soldi della droga rientrano nelle casse dei clan con gli interessi. Un meccanismo ormai rodato, che l’ingordigia dei clan, almeno oggi ha fatto saltare.

UNA COLLABORAZIONE PIENA Dopo anni di minacce e vessazioni, di versamenti sempre più onerosi e difficili da sostenere, l’imprenditore di Gioiosa ha detto basta. Prima con timore, quindi con sempre maggiore fiducia ha iniziato ad avvicinarsi agli uomini della Guardia di Finanza di Locri, cui ha finito per raccontare in dettaglio il proprio inferno personale. Ha fatto nomi, indicato facce, responsabilità e ruoli, ha messo nelle mani degli investigatori i documenti bancari che hanno permesso di identificare le aziende compiacenti, i prestanome e le teste di legno del clan.

RISCONTRI AUTONOMI Lo hanno confermato le indagini di riscontro dei finanzieri, ma anche quelle – parallele ed autonome – che il Ros stava portando avanti sulla scorta delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Femia. «L’indagine del Ros – afferma il colonnello Lorenzo Sabatino – era mirata a delineare i confini del locale di Marina di Gioiosa e gli affiliati ancora in libertà, ma ha permesso di acclarare come l’usura fosse una delle principali attività della locale». Un riscontro autonomo rotondo, che conferma e rafforza quanto denunciato dall’imprenditore, che con le sue dichiarazioni ha permesso di inchiodare i suoi aguzzini.

SEGNALE DI CREDIBILITÀ Ma al di là del risultato operativo, del numero dei fermati, della loro caratura criminale, la caratteristica saliente di questa indagine – sottolineano tutti, in modo concorde – è un’altra. «Che un usurato sfinito abbia deciso di rivolgersi a noi e di denunciare quanto stava accadendo, in una zona in cui tutti hanno paura, è un buon segno. Vuol dire che ci stiamo dimostrando credibili”, commenta il procuratore Gratteri, decano delle indagini sulla Locride. «Questa – gli fa eco il comandante provinciale della Finanza Alessando Barbera – è una bella giornata. Il fatto che un imprenditore che opera in un territorio così complicato si fidi dello Stato e delle divise, tanto da chiedere aiuto, e che attorno a lui si muova in maniera sinergica una squadra Stato è la dimostrazione di come le cose possano cambiare».

RISULTATO DELLA SQUADRA STATO Un risultato strappato ad un territorio complesso, grazie ad una «squadra Stato in grado di muoversi in maniera sinergica e di ottenere risultati» – dice il comandante provinciale dei carabinieri Lorenzo Falferi – ma – ci tiene a sottolineare il procuratore Cafiero de Raho – in grado di lavorare sodo e in silenzio. «I tre irreperibili che risultano all’appello – dice in maniera netta – non sono neanche residenti in Italia, quest’indagine è stata blindata, non ci sono state fughe di notizie». Nessuna ombra offusca il risultato ottenuto, confermano investigatori ed inquirenti, anche se – ammettono – il lavoro da fare è ancora tanto.

RIPRENDERE IL TERRITORIO Divenuto testimone di giustizia e per questo sottoposto a regime di protezione, l’imprenditore è stato costretto ad allontanarsi dalla Calabria. «Questo fermo è un bel segnale – dice Cafiero de Raho – ma rimane il rimpianto di non essere riusciti a trattenere questo imprenditore in Calabria. Da un lato abbiamo la positività dello slancio di qualcuno che ha denunciato i suoi aguzzini, dall’altra non possiamo che evidenziare il ritardo sull’occupazione del territorio da parte dello Stato».

I FERMATI Questo l’elenco delle persone sottoposte a fermo: Nicola Agostino 47 anni, Francesco Barbiero, 50 anni, Filippo Benci, 37 anni, Francesco Caruso, 37 anni, Caterina Cherubino, 30 anni, Luigi Cherubino, 54 anni, Massimiliano Fortunio, 45 anni, Rocco Fortunio, 77 anni, Carlo Ieriò, 46 anni, Domenico Antonio Jerinò, 53 anni, Maria Jerinò, 55 anni, Giuseppe Loccisano, 43 anni, Giuseppe Lupoi, 72 anni, Rocco Macrì, 49 anni, Antonio Salvatore Malfone, 54 anni, Vincenzo Mesiti, 49 anni, Armando Napoli, 47 anni, Rocco Oppedisano, 85 anni, Teresa Oppedisano, 56 anni, Roberto Prologo, 44 anni, Nicola Prota, 57 anni, Rocco Prota, 26 anni, Salvatore Prota, 33 anni, Teresa Prota, 46 anni, Luigi Racco, 43 anni, Rocco Rodinò, 64 anni, Salvatore Rodinò, 40 anni, Vincenzo Sainato, 35 anni, Pasquale Scali, 50 anni, Santa Ursini, 74 anni, Giuliana Zavaglia 50 anni e Pasquale Zavaglia, 63 anni.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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