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In attesa che qualcosa cambi a Gioia

Un passo avanti ed uno indietro. Quando sembra che le cose vadano per il meno peggio – visto che il meglio appare al lumicino o in fondo al tunnel – ecco che comincia il giro di valzer al Medcenter…

Pubblicato il: 12/03/2016 – 17:25

Un passo avanti ed uno indietro. Quando sembra che le cose vadano per il meno peggio – visto che il meglio appare al lumicino o in fondo al tunnel – ecco che comincia il giro di valzer al Medcenter, la società che gestisce – bene o male – il porto di Gioia Tauro. Decapitati gli organismi gestionali da parte della presidente, la dinamica tedesca-europea Cecilia Battistello Eckelmann, si attende la nuova riorganizzazione della gestione della società. Al più presto la eccellenza d’Oltralpe si precipiterà a Gioia Tauro per ragionare sul da farsi, posto che una società del genere non può restare a lungo, ma neanche a breve, senza testa gestionale. Mandati via, l’amministratore delegato Domenico Bagalà, che è proprio di Gioia Tauro, i dirigenti Carmelo Crudo, Rocco Trungadi e Vincenzo Perri, senza che siano state rese note ufficialmente le motivazioni, qualcosa sarà successo, posto che appare impossibile un licenziamento in tronco o preparato per tempo con i sostituti già previsti. 
Così, normalmente succede, ma Gioia Tauro, fa testo a sé, anche perché c’è la consapevolezza che si tratta di uno dei terminalisti di maggior successo d’Europa. E questo fino a qualche tempo fa, fino a quando non si è cominciato a ridurre l’impegno dei lavoratori, l’uso della cassa integrazione, il lavoro a singhiozzo, senza guardare meriti e demeriti di quanti hanno trascorso e trascorrono all’interno del porto – gruisti o rizzatori – parte della giornata di lavoro.
Intanto c’è un fatto nuovo, del quale qualche tempo fa non si discuteva nemmeno. La istituzione della Zes, la Zona economica speciale. A Roma si è cominciato a discutere sulla proposta del Consiglio regionale e del presidente della giunta Oliverio. 
È stato il Senato a dire: vediamo di cosa si tratta, si può fare o non si può fare? Ed è già tanto. La decisione – sotto forma di progetto di legge approvato dal consiglio regionale – è stata assegnata alla sesta commissione – Finanze e Tesoro – in sede referente, cioè perché sia esaminata con procedura ordinaria non in sede legislativa. Gli esperti o chi ha studiato un po’ di diritto costituzionale, sanno la differenza che non è da poco. 
È già un dato, però, che si discuta sia pure in sede referente. Vediamo se e quando la commissione fisserà la data di avvio della discussione della procedura di verifica del testo di legge. Certo non si tratta di tempi brevi, perché si tratta di materia assai delicata e complicata. Già sono passati quattro mesi da quando il testo del consiglio regionale è stato trasmesso a Roma (ottobre 2015) e quando è stato assegnato alla sesta commissione (12 gennaio 2016). Si sarebbe certo potuto fare prima, ma viste le difficoltà in cui si dibatte il Parlamento ed il fatto che si tratti di una zona non proprio meritevole di attenzione, ameno dal punto di vista giudiziario e non certo economico, bisogna – obtorto collo – accontentarsi. 
Anche se non si può non registrare la lentezza dell’iter per le esigenze dello scalo marittimo e per le speranze di una regione che attende le attenzioni del governo, anche se Renzi, con la venuta a Mormanno ha inteso dare dei segnali di attenzione, sia inaugurando i lavori dell’autostrada, sia promettendo, con Graziano Delrio,l’uomo concreto del governo, ulteriori impegni in favore dell’ultima regione d’ltalia. Il primo testo inviato da Scopelliti non ebbe fortuna, adesso quello di Oliverio e maggioranza, che ha ripreso in buona parte il testo originario, spera in una attenzione più concreta e produttiva.
Certo i lavoratori non vivono momenti felici, il loro futuro appare grigio. Il fatto che la Battistello abbia preso in mano le redini del potere, senza che si sia parlato di meriti o demeriti, ma solo di esclusiva volontà di dare all’azienda una struttura meno farraginosa e più snella ed operativa, tutti guardano alla riduzione dei costi, sperando che il recupero delle perdite, perché di questo si tratta, non pesi sulle spalle dei lavoratori, ma sulla competitività del porto. E questo significa efficienza, nuovi investimenti, acquisizione di nuovi traffici. Se questo non succede, il futuro non solo non sarà roseo, ma plumbeo come il tempo delle settimane scorse, quando anche il porto si è fermato. Ed una struttura di quelle dimensioni merita quel che Oliverio sollecita a Renzi, un giorno sì e l’altro pure!

*giornalista

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