Era partito come falco. Il più inflessibile dei rottamatori al servizio del “Gran rottamatore”. Te lo ritrovi in Calabria come il gatto di Trilussa («…so socialista quanno sto a digiuno, che quanno c’ho un pollo so capitalista»). Fa impressione vederlo, Luca Lotti, accolto da Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio, scortato da Ernesto Magorno e Sandro Principe, mentre abbraccia Ennio e Luca Morrone, e poi Incarnato, e poi Magarò (era presidente della commissione anti-‘ndrangheta con Scopelliti), e poi Mancini (era assessore regionale sempre con Scopelliti). Mancavano, ma erano ben presenti col pensiero, Diego Tommasi e Pino Tursi Prato.
Eppoi, scortato fino a Reggio Calabria da Mario Oliverio (ma non era dalemian-bersaniano?) dove evita di imbattersi nel meglio della tradizione trans-boia-chi-molla solo grazie alla presenza di Irto, Falcomatà e Battaglia. Ormai i renziani di Calabria nel reclutamento hanno superato alla grande i renziani d’Italia: imbarcano di tutto e di più.
Rottamati si ritrovano, invece, quelli che in Renzi avevano creduto a cominciare da Gianluca Callipo, gettato nell’arena delle primarie a contrastare Mario Oliverio, per finire ai giovani della primavera catanzarese incarnata da Salvatore Scalzo. Di loro si è persa la memoria, cancellati insieme con le norme statutarie, in barba alle quali tre segretari provinciali su cinque restano al loro posto nonostante siano incompatibili. È una scelta politica chiara: in soffitta le belle idee ed il rinnovamento, si punta sugli accordi di potere. Obiettivo, vincere in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo le imminenti amministrative e vincere, in qualsiasi modo e con qualsiasi mezzo il referendum previsto in autunno.
Che tutto questo accada non è un male, anzi contribuisce a fare chiarezza perchè fin qui molti maggiordomi e molte madamigelle hanno potuto fare il doppio e il triplo gioco. Passare da piazza Farnese per un caffè da Massimo D’Alema, poi andare a colazione con Rosy Bindi e infine attovagliarsi per la cena con Luca Lotti.
Adesso il fermo immagine della politica calabrese offre una visione nitida del chi sta con chi e soprattutto del perchè. Un fermo immagine che fissa anche una visione troppo egocentrica della politica: non si cura delle tante variabili impazzite che ancora possono fare irruzione sulla scena.
La spericolata gestione del potere porta con sé molti rischi. Ma i nostri sono troppo impegnati a spartire, lottizzare, nominare, promuovere, assegnare per potersi accorgere del pericolo incombente e seguitano ad ostentare anche le cose che meriterebbero di non essere ostentate.
Contribuisce al delirio di questi giorni il fascino delle parole di Matteo Renzi che scende fino a Cosenza per ribadire che delle cose dei calabresi ne ha parlato con Graziano e con Luca. Assicura che la Calabria potrà contare sulla più avanzata “banda larga” d’Europa. I cosentini avranno pensato che si riferisse al codazzo che si portava dietro, per questo hanno disertato alla grande l’appuntamento, lasciando desolate e inutili le transenne sistemate per arginare un bagno di folla che non c’è stato.
Poco prima, il codazzo, era andato in delirio dentro quel tunnel di Mormanno: «Vogliamo l’Italia che corre non che ricorre». E tutti a darsi di gomito, con le lacrime agli occhi per questo calzantissimo slogan. Matteo nota e concede il bis: elenca tutte le ragioni che hanno portato a ritardi nella ristrutturazione dell’A3 e porteranno anche a considerare conclusa un’opera che invece lascia una settantina di chilometri non solo non realizzati ma neanche progettati. Nel farlo parla di varianti e di avvocati, di sentenze e di indagini, di cause e di difficoltà orografiche. Dimentica qualcosa: le mazzette, le varianti fasulle, i subappalti spericolati, i fermi cantiere per avversità metereologiche assolutamente inventate. Peccato che nelle stesse ore una nuova ondata di arresti, ben 19, disposti dal procuratore Giuseppe Pignatone nella seconda tranche dell’inchiesta sull’Anas, si incarica di spiegare le ragioni criminali per le quali l’Italia non corre…. e il cittadino ricorre… alla magistratura.
direttore@corrierecal.it
x
x