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Nuove ombre sulla Trasversale delle Serre

SERRA SAN BRUNO Diciotto pagine fitte di rilievi tecnici che, di fatto, pongono interrogativi molto seri e poco confortanti sulla gestione di uno degli appalti più importanti della Trasversale dell…

Pubblicato il: 15/03/2016 – 12:07
Nuove ombre sulla Trasversale delle Serre

SERRA SAN BRUNO Diciotto pagine fitte di rilievi tecnici che, di fatto, pongono interrogativi molto seri e poco confortanti sulla gestione di uno degli appalti più importanti della Trasversale delle Serre, l’eterna incompiuta – pensata ormai mezzo secolo fa – che dovrebbe collegare l’entroterra vibonese e catanzarese alle due coste. A metterli nero su bianco è l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) presieduta da Raffaele Cantone che, con una deliberazione datata 8 gennaio ma mai resa nota dall’Anas, rileva tutta una serie di questioni che avrebbero determinato una gestione «disfunzionale» dell’appalto relativo al tratto Serra San Bruno-Chiaravalle. Una gestione che, secondo l’Anac, «ha generato un notevole incremento del costo finale delle opere, non ancora definito, oltre alle diffuse carenze progettuali».

L’APPALTO L’appalto (qui la deliberazione dell’Anac con tutti dettagli sui passaggi societari) è quello del “tronco” IV (Chiaravalle centrale – Bivio Montecucco) e IV bis (diramazione per Serra San Bruno): un tratto di 21 km per un importo complessivo lordo di oltre 215 milioni di euro. A seguito di licitazione privata i lavori sono stati aggiudicati all’Ati “Impresa SpA. (mandataria)-P.I. Rabbiosi spa.-S.I.G. srl- Tecnovese spa” (titolare di quest’ultima era l’ingegnere Antonio Longo, ucciso il 26 marzo del 2008 sulla Strada dei due mari in circostanze tuttora avvolte dal mistero). Il contratto è stato sottoscritto in data 7 giugno 2005. Il Responsabile del procedimento dell’Anas ha poi comunicato che l’Amministrazione straordinaria di “Impresa spa”, al termine dell’iter svolto dal Ministero dello Sviluppo Economico, ha ceduto il ramo d’azienda alla Impresa “Franco Giuseppe srl” di Roccella Jonica in data 22 giugno 2015. Originariamente la durata dell’appalto era stata fissata in 727 giorni, ma poi sono state concesse proroghe per un periodo superiore al doppio (1868 giorni) a quello indicato e, dettaglio non da poco, i lavori non sono ancora terminati. Anzi, di recente si è verificato un nuovo stop che l’Anas ha motivato con generici «problemi contrattuali» che, probabilmente, sono riconducibili proprio alle pesanti censure dell’Autorità guidata da Cantone.

TEMPI LUNGHI E COSTI LIEVITATI Le valutazioni negative sulla qualità della progettazione derivano, secondo l’Anac, da un’errata pianificazione dei tempi contrattuali o da una gestione deficitaria della loro esecuzione. L’Anticorruzione, per esempio, ritiene che vi siano state commistioni tra la prima perizia di variante e il primo accordo bonario e, inoltre, sostiene che non appariva ammissibile il pagamento all’impresa della progettazione in corso d’opera, rientrante invece nelle funzioni del direttore dei lavori. L’Anac ha dunque contestato la violazione da parte dell’impresa dei principi di correttezza e buona fede. E sulle spiegazioni fornite dal Responsabile del procedimento riguardo ai tempi troppo lunghi dell’accordo bonario l’Anticorruzione rileva che l’Anas ha al suo interno professionalità tali da poter valutare con più celerità le singole fattispecie. Ovviamente, quindi, l’eccessivo protrarsi dei lavori ha generato un aumento dei corrispettivi da pagare all’impresa: l’Anas, infatti, avrebbe continuato a pagare le rate del secondo accordo nei termini convenuti nonostante i ritardi dell’appaltatore nell’esecuzione dei lavori, ma ha contestualmente mantenuto un comportamento di attesa nei confronti dell’appaltatore principale fino all’avvicendamento con l’appaltatore locale che ha acquisito il ramo di azienda. In alcuni casi, dunque, il continuo protrarsi dell’ultimazione dei lavori si sarebbe rivelato come «una sorta di rendita» per l’appaltatore.

LE CONCLUSIONI DELL’ANAC «L’appalto – scrive l’Anticorruzione – è stato caratterizzato da molteplici lacune di natura progettuale, di esecuzione e di gestione dell’appalto, ciascuna delle quali di per se non decisiva ma nell’insieme tali da determinare un abnorme incremento delle opere e la notevole protrazione del tempo contrattuale». Secondo l’Anac sono stati dunque «disattesi i principi di buona amministrazione di cui all’art.2, comma 2, del d.lgs. 163/2006 (già dell’art.2, l. 109/1994)». «Sta di fatto – sostiene l’Anac – che l’amministrazione (l’Anas, ndr) ha assecondato eccessivamente le difficoltà dell’appaltatore». In conclusione, quindi, si è «evidenziata una gestione disfunzionale dell’appalto che ha generato una notevole incremento del costo finale delle opere, non ancora definito, oltre alle diffuse carenze progettuali». L’Autorità presieduta da Cantone, infine, ha disposto l’invio del provvedimento alla Procura della Repubblica e alla Procura della Corte dei Conti che, con ogni probabilità, avranno già aperto un fascicolo d’indagine sull’appalto.

Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it

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