ROMA «La nomina di Andrea Gentile nel cda dell’Istituto nazionale tumori? È regolare». Maria Elena Boschi non ha dubbi sulla correttezza della scelta compiuta dalla sua collega Beatrice Lorenzin. Il ministro delle Riforme ha così provato a spazzare i dubbi nel corso del question time alla Camera, rispondendo (in sostituzione della ministra della Salute) a un’interrogazione presentata dal gruppo di Sinistra italiana.
Riferendosi poi alla circostanza che l’avvocato penalista Gentile sia il figlio dell’attuale sottosegretario allo Sviluppo economico Tonino Gentile, Boschi puntualizza che «all’epoca della designazione, avvenuta il 16 settembre 2015, il senatore Gentile non era stato investito dell’incarico governativo». E aggiunge: «Tale rapporto di filiazione non integra alcuna causa di inconferibilità ovvero incompatibilità». Il ministro spiega che tra le competenze dei membri del Cda dell’Istituto Tumori previste dallo Statuto della fondazione «non rientrano competenze che implicano il necessario possesso della laurea in medicina ovvero di titoli di studio o professionali in materie sanitarie. Non è infatti un caso che tra i componenti del Cda della Fondazione designati dalla Regione Lombardia e dal Comune di Milano compaiono soggetti non muniti di laurea in medicina ovvero di titoli di studio o professionali in materie sanitarie. Infatti, tra i componenti del cda della Fondazione, oltre all’avvocato Gentile, figurano: un diplomato ragioniere programmatore elettronico, designato dal Comune di Milano; un laureato in scienze politiche e un laureato in Lettere moderne, entrambi designati dalla Regione Lombardia; due laureati in Medicina e chirurgia ed un laureato in Farmacia designati dalla medesima Regione».
Una risposta, quella di Boschi, che non ha lasciato per nulla soddisfatto il capogruppo di Si alla Camera Arturo Scotto: «Questa nomina è il prodotto del familismo amorale. Non basta dire che all’epoca Gentile non era sottosegretario. Come è noto a tutti c’era in corso un’indagine che lo aveva allontanato dall’incarico di governo, incarico reintegrato successivamente. Con questa nomina il governo dice alla nostra migliore gioventù che se è sola, se non ha un cognome giusto, o deve confidare nella fortuna e nella buona sorte o, se vuole che il suo talento venga riconosciuto, deve fare le valigie e andare via da questo Paese, prosegue Scotto. Da due anni il governo taglia nastri, racconta storie di successo, parla di merito. Tutte fandonie perché poi nominano “i figli di”».
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