REGGIO CALABRIA C’è un imbucato in consiglio regionale? Un sindacalista che firma contratti pur senza avere incarichi e in assenza di deleghe? Secondo il coordinamento sindacale autonomo (Csa), sì. Il caso – segnalato ieri dal coordinatore regionale del Csa, Eugenio Celi, al presidente della delegazione trattante per il contratto collettivo decentrato integrativo (ccdi), il segretario generale del Consiglio Maurizio Priolo – è destinato a fare rumore.
Giuseppe Licandro, sedicente segretario generale territoriale del Csa, di recente ha firmato la bozza di accordo per il ccdi 2016, il contratto che – dentro la cornice di quello nazionale – determina, tra le altre cose, i premi di produzione per i dipendenti, gli incentivi e altri istituti giuridici. In ballo, insomma, c’è la ripartizione del fondo di 3,5 milioni di euro destinato alla contrattazione integrativa del comparto.
LA FIRMA Il 22 febbraio scorso il tavolo di concertazione arriva a un’intesa. Viene firmata da Priolo, dagli altri due dirigenti del Consiglio, Dina Cristiani e Maurizio Praticò, e da due sigle sindacali, la Cgil Fp e, appunto, il Csa Fiadel, grazie alla sottoscrizione di Licandro. Che però non sarebbe in possesso della delega necessaria per “licenziare” il ccdi.
A spiegare il perché è il segretario regionale del Coordinamento: «Il signor Giuseppe Licandro non è e non è mai stato il segretario regionale del Csa o tantomeno segretario provinciale». Inoltre, evidenzia ancora Celi, sarebbe anche stato sospeso dalla segreteria nazionale già dall’ottobre 2015 e da ogni altra carica. Quindi Licandro «non aveva, né ha, alcuna titolarità a rappresentare» il Csa e ad «apporre la propria sigla sul contratto decentrato».
Per Celi rimane «inalterata» anche la volontà di «non voler firmare la preintesa per il ccdi 2016 così come proposta». Una ricostruzione in base alla quale Licandro avrebbe fatto passare un accordo non condiviso dal sindacato da lui illegittimamente rappresentato.
LA DENUNCIA Il primo a segnalare anomalie nella definizione dell’accordo era stato un dipendente del Consiglio, Santo Federico, in un primo momento designato dallo stesso Licandro quale delegato aziendale del Csa nella delegazione trattante. Salvo poi essere scavalcato proprio dal “sindacalista”, che avrebbe firmato il contratto nonostante la sua contrarietà. «Nell’ambito della discussione che è stata condotta sulla ripartizione delle risorse da destinare agli istituti del salario accessorio, di fronte alle posizioni assunte da parte pubblica – spiegava Federico in una nota pubblica –, il Csa ha manifestato la sua chiara presa di posizione di non condividere quanto prospettato al tavolo e, quindi, di non voler firmare la preintesa per il ccdi 2016, così come proposta». La sortita di Licandro, prima delle precisazioni dei vertici Csa, veniva etichettata come «un mero errore di interpretazione». «Infatti – continuava Federico –, se è pur vero che la posizione del Csa era di riserva, sta di fatto che, in quella riunione, questo sindacato ha sposato per intero la posizione espressa, al tavolo, dalla Rsu e dalla Cisl Fp, volta a perseguire una sorta di equità sociale per tutti i colleghi, sia per le future Alte professionalità e Posizioni organizzative, sia per i dipendenti che non avranno questi incarichi. In ogni caso, la riserva della firma era stata motivata da una eventuale riflessione da parte della sigla e degli iscritti nelle sedi del sindacato, cosa che, però, non è mai avvenuta».
LA RIMOZIONE Parole che a Licandro non sono piaciute affatto. Poche ore dopo, infatti, il presunto “segretario generale territoriale” revoca «con effetto immediato» l’incarico a Federico, «avendo lo stesso disatteso le linee politico sindacali e contravvenuto al modus operandi di questa organizzazione sindacale».
Il caos è massimo. Ma la rappresentanza sindacale unitaria del Consiglio decide infine di stare dalla parte di Federico, nominato e poi revocato da chi non avrebbe avuto titolo per farlo.
«Questa Rsu – è scritto in una comunicazione apparsa sulla bacheca sindacale del Consiglio – esprime piena solidarietà al collega Santo Federico, autore di «un messaggio chiaro e diretto, che ci sentiamo di condividere in toto: basta con queste sigle sindacali che, al solo fine di garantirsi una manciata di tessere in più o per tutelare gli interessi personali di qualche loro iscritto, assecondano le scelte a volte ingiuste e discriminatorie dell’amministrazione, sottoscrivendo i ccdi senza ascoltare le esigenze dei dipendenti del consiglio regionale». Quelle «stesse sigle che, senza essere presenti al tavolo di contrattazione e, quindi, senza prendere atto delle dinamiche e delle problematiche del personale del Consiglio regionale emerse nella discussione, sottoscrivono in altre sedi i contratti decidendo le sorti di decine di dipendenti e delle loro famiglie, penalizzandoli fortemente».
ALTRI PROBLEMI Il ccdi sta creando non pochi problemi al Consiglio. Nei giorni scorsi il segretario regionale della Cisl, Antonio Bevacqua, aveva diffidato Palazzo Campanella a voler consegnare tutte le copie del contratto decentrato 2015 e i relativi allegati. In un primo momento, infatti, i vertici dell’Astronave avrebbero fornito solo le bozze dell’accordo, «per giunta allegando sia un’appendice alla preintesa del contratto decentrato integrativo per l’anno 2015 non discussa in seduta di delegazione trattante, sia un presunto accordo, mai raggiunto, sui criteri generali per le progressioni economiche orizzontali del personale non dirigenziale del consiglio regionale della Calabria, con schede per i relativi punteggi diverse da quelle portate al tavolo nella seduta del 22 febbraio scorso». I documenti richiesti sono poi stati forniti dai vertici dell’Astronave. Ma ora scoppia la grana del sindacalista imbucato.
Pietro Bellantoni
p.bellantoni@corrierecal.it
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