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Voto di scambio, chiesti 6 anni per Zappalà

REGGIO CALABRIA È di sei anni di carcere la richiesta di pena avanzata dal pm Francesco Tedesco per l’ex consigliere regionale Santi Zappalà, nel nuovo processo che lo vede imputato per scambi…

Pubblicato il: 17/03/2016 – 20:48
Voto di scambio, chiesti 6 anni per Zappalà

REGGIO CALABRIA È di sei anni di carcere la richiesta di pena avanzata dal pm Francesco Tedesco per l’ex consigliere regionale Santi Zappalà, nel nuovo processo che lo vede imputato per scambio elettorale politico-mafioso. Medesima richiesta di pena è stata avanzata per Giuseppe Mesiani Mazzacuva, Vincenzo Pesce, Domenico Arena e Antonio Pelle, classe 1986. Per l’accusa, sono tutti a vario titolo coinvolti nel progetto mafioso di corruzione elettorale mirato a beneficiare Santi Zappalà – già condannato a 2 anni e 8 mesi in appello in altro procedimento – reso possibile dal clan Pelle che ha nel boss Peppe il suo capo.

Un passaggio non di secondaria importanza dopo la sentenza della Cassazione che, proprio in relazione alla vicenda che era costata i primi processi all’ex consigliere regionale, aveva messo in discussione la mafiosità della famiglia Pelle, sottolineando la mancanza di elementi sufficienti per sostenerla. Elementi che proprio la sesta tranche del filone investigativo “Reale” sembra essere stata in grado di mettere insieme. Per i magistrati, Zappalà, per ottenere «una straordinaria affermazione elettorale» in occasione delle elezioni per il consiglio regionale della Calabria nel 2010, avrebbe messo a disposizione dei Pelle e di altre cosche della ‘ndrangheta, complessivamente, 400mila euro. Centomila euro sarebbero stati la quota parte dei Pelle, grazie ad un accordo diretto col capo del gruppo criminale, Giuseppe Pelle, detto “Gambazza”, mentre altri duecentomila sarebbero serviti per ottenere il sostegno elettorale dei Pesce di Rosarno e centomila sarebbero andati agli Strangio di San Luca.

L’INVOLONTARIA COLLABORAZIONE Una compravendita ricostruita anche grazie alle “indicazioni” involontariamente fornite da Giuseppe Mesiani Mazzacuva nel corso dell’interrogatorio di garanzia seguito al suo primo arresto. Senza che alcuna contestazione gli venisse mossa al riguardo, l’imprenditore si è affrettato a specificare che la somma di centomila euro cui si faceva cenno nelle conversazioni intercettate, in seguito riscontrata grazie a una scrittura privata trovata nel corso delle perquisizioni, sarebbe stata da ricondurre non ad un prestito – come immaginato dai pm e in quel documento falsamente affermato – ma alle attività politiche nella Locride dell’allora aspirante consigliere regionale. 
Una traccia importante per gli investigatori, che non ci hanno messo molto a incrociarla con i contatti con la cosca Pelle. Allo stesso modo, investigatori ed inquirenti sono riusciti ad incastrare i contatti di Zappalà con le cosche Commisso di Siderno, Barbaro Mano armata e Barbaro Castanu di Platì, Pelle Gambazza di San Luca, Pesce, Cacciola e Bellocco di Rosarno, Greco di Calanna e con esponenti apicali della Locale di ‘ndrangheta di Natile di Careri, con quanto emerso nell’inchiesta Inganno, l’indagine sulle ‘ndrine di Platì che ha fatto finire in carcere – ma non per reati di ‘ndrangheta – anche l’ex stellina dell’antimafia, Rosy Canale. E il quadro che ne è emerso – a detta degli inquirenti – mostra la ricerca, quasi scientifica, dell’appoggio dei clan in vista delle regionali.

ELEMENTI NUOVI Un’ipotesi confermata anche dalle intercettazioni dell’ex sindaco di San Luca, Sebastiano Giorgi, considerato il referente politico-amministrativo dei clan del paese e per questo di recente condannato in primo grado a sei anni. Ascoltando le sue conversazioni, i Ros registrano quello che per gli uomini delle ‘ndrine del mandamento jonico era un dato acquisito: il “sorprendente” risultato di Zappalà nei centri della jonica era stato possibile solo dietro pagamento di cospicue somme. Alle ‘ndrine di San Luca, dice Giorgi intercettato, il 26 marzo 2010 Zappalà avrebbe versato la bellezza di 400mila euro per un pacchetto di voti, di cui 100mila euro sarebbero andati ai Pelle. Un dato confermato documentalmente grazie al lavoro delle Fiamme gialle, che hanno scoperto che, proprio il 26 marzo 2010, dieci assegni, del valore di 10mila euro ciascuno, sono finiti nella disponibilità di Mesiani Mazzacuva. Un giro vorticoso di denaro che il politico per anni è riuscito a nascondere grazie al sistema di società cartiere che ruotava attorno alla Fisiokinesiterapia Bagnarese srl. Stando a quanto emerso dalle indagini, la ditta, formalmente amministrata dalla moglie di Zappalà, grazie al sistema delle fatture inesistenti emesse da società di comodo, per anni avrebbe drenato denaro che avrebbe permesso di creare un fondo nero, inesistente per il fisco e destinato a finanziare le aspirazioni elettorali dell’ex consigliere regionale.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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