COSENZA «Un libro che mi dovevo da 60 anni». Il celebre docente e cantautore Roberto Vecchioni ha definito così la sua personale e lunga ricerca di una trama all’interno della quale inserire l’amore per la cultura classica, sbocciato all’età di 11 anni e mai più smesso, che lo ha aiutato a comprendere il senso delle parole, l’ordine dello spazio e del tempo. Lo ha fatto ieri sera al Teatro Rendano di Cosenza dinanzi ad un’attenta e vasta platea di studenti delle scuole superiori (provenienti dal liceo classico “Julia” di Acri, dal “Telesio” e dallo “Scorza” di Cosenza, dal liceo scientifico di Paola e dagli istituti comprensivi di “via Negroni” e Fagnano Castello), durante il primo di una serie di eventi promossi dalla Museion srl, cui è stata recentemente affidata la gestione dei servizi aggiuntivi del Museo dei Brettii e degli Enotri.
Incalzato dalle domande della dottoressa Stefania Mancuso, docente di archeologia classica e didattica del Parco e del Museo, il professore della musica italiana ha presentato ai ragazzi il suo romanzo “Il mercante di luce”, edito da Einaudi nel 2014, nel corso di una lezione che ha varcato i confini del testo per divenire in realtà una riflessione sul significato profondo della vita e della morte, da rintracciare negli insegnamenti dei grandi del pensiero classico.
I protagonisti del libro sono due personaggi “estremi”: un padre, Stefano Quondam (il cui cognome strizza l’occhio ai conoscitori della lingua latina), professore di letteratura greca, una vita costellata di amarezza e frustrazione, e suo figlio Marco, affetto da progeria, malattia rara che induce all’invecchiamento precoce del corpo. Stefano sa che a Marco non resta molto da vivere, che ad aspettarlo non ci saranno altre partite di calcio e feste di compleanno. Nonostante questo, Stefano, che non ama della vita, ha il dovere di spiegare a suo figlio che la vita è bella, anche se dura solo 17 anni. Vale il principio greco: «Non importa quanta vita si vive, ma con quanta luce dentro». L’uomo è, in questa prospettiva, un essere in bilico perenne tra libertà e felicità, tra tragedia e lirismo, tra il vedere solo il bianco o il nero e un mondo pieno di grigi, di vie di mezzo, di possibilità. Ma egli è, al contempo, ciò che di più grande esiste nell’universo, perché tutto ciò che abbiamo intorno è stato creato dall’uomo, non solo le cose materiali, anche quelle sentimentali: un assunto che prescinde dall’esistenza o meno di Dio (lo stesso maestro si è definito «fideista», alla stregua di De André). Dopo un’arringa difensiva nei confronti degli adolescenti, di cui spesso gli adulti non comprendono i sogni e le aspirazioni, il professor Vecchioni ha salutato il pubblico dicendo che non avrebbe potuto desiderare una vita più bella e “piena di luce”: «Ho avuto la possibilità di stare con i miei ragazzi per 38 anni: loro ti insegnano tutto».
Chiara Fazio
redazione@corrierecal.it
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