RENDE Per avere una concessione edilizia nel comune di Rende bisognava “versare” al «rais» ben 100 milioni di lire. È il “sistema Rende” descritto dai magistrati della Dda di Catanzaro che hanno svelato i rapporti tra ‘ndrangheta e politica nella cittadina oltre il Campagnano. Un sistema gestito dall’ex sindaco Sandro Principe, finito agli arresti domiciliari per voto di scambio assieme ad altri politici ed esponenti della cosca Lanzino-Ruà. Perché nel suo “regno” – è il pensiero dell’esponente del Pd – sono in vigore «le regole rendesi». Anche quando Principe non era più sindaco sarebbe stato lui – secondo il quadro tracciato dagli inquirenti – ad amministrare l’Ente. Oltre al suo successore Vittorio Cavalcanti – poi costretto alle dimissioni proprio per le «continue ingerenze» – anche alcuni dirigenti comunali hanno poi raccontato ai magistrati Vincenzo Luberto e Pierpaolo Bruni – come venivano applicate le «regole rendesi».
LE «REGOLE RENDESI» È un dirigente del settore urbanistico a riferire quello che Sandro Principe gli disse un giorno arrivando nel suo ufficio: «Posizionandosi sull’uscio della porta in tono minaccioso e dialettale (Principe, ndr) mi minacciò dicendomi: “Veni ‘ccà tu un t’ha a ddi permetta a lasci concessioni a pomp’i benzina ca ccà ci su i regole rendesi e quindi t’ha consultà prima ccu mia”. Tale affermazione veniva riferita con tono minaccioso tant’è che io rimasi letteralmente allibito poiché avevo saputo di una sua intenzione di concedere un’autorizzazione». La vicenda – spiega il dirigente ai pm – si riferiva alla richiesta, presentata da una ditta di carburanti, della costruzione di un distributore di benzina a Piano Monello, sulla statale 107. Il dirigente aveva trovato quella richiesta, appena nominato, e aveva notato come tutto fosse in regola, compresa l’autorizzazione dell’Anas. Quindi, sin dal suo primo giorno di lavoro il dirigente procedeva – è la sua versione – senza chiedere «autorizzazioni» a Principe ma nel rispetto delle norme vigenti: «Come gli risposi mi attenevo alle leggi e non alle sue regole rendesi». Una volta il politico del Pd lo avrebbe minacciato in un circolo di tennis perché aveva saputo dell’intenzione del sindaco Cavalcanti di affidargli la delega ai Lavori pubblici: «Tu un tieni nessuno requisito… t’ha occupà i molluschi», gli avrebbe detto Principe. L’onorevole comandava tutto ed è per questo che lo chiamavano «rais», «il principale», «Saddam Hussein» e che Bernaudo «era l’espressione dell’onorevole Principe». In un’occasione il dirigente sarebbe stato minacciato anche dal fratello di Sandro Principe.
CONCESSIONI EDILIZIE DA CENTO MILIONI DI LIRE Per avere una concessione edilizia avrebbe dovuto versare a un commercialista ben cento milioni di vecchie lire. Denaro che sarebbe poi stato consegnato a Principe. È un imprenditore a raccontarlo a Cavalcanti, che lo riferisce ai magistrati: era stato costretto a pagare cento milioni di lire a un tizio. Somma che – secondo l’ex sindaco – sarebbe stata «incamerata da Principe». Perché trattandosi di una concessione edilizia rilasciata dal Comune di Rende «doveva passare dal placet dell’onorevole Principe». Una licenza che non sarebbe stata rilasciata, infine, perché – lo ribadisce Cavalcanti agli inquirenti confermando il contenuto di un’intercettazione – quell’imprenditore alle regionali avrebbe votato per Guccione. Ma Cavalcanti va oltre: «Nel corso della conversazione, peraltro, rappresento anche le mie rimostranze in ordine a richieste di pagamento di lavori effettuati da numerose ditte, sulla scorta di affidamenti senza una regolare procedura amministrativa prima del mio insediamento a sindaco».
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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