RENDE Sandro Principe da vero e proprio “dominus” avrebbe gestito anche l’assegnazione delle gare d’appalto dei locali di Rende affidandoli ai presunti appartenenti alla cosca Lanzino-Ruà. È il caso del bar “Colibrì” finito nelle 99 pagine dell’ordinanza con la quale la Dda di Catanzaro ha chiesto e ottenuto dal gip l’arresto per alcuni politici e per esponenti del clan cosentino. Nel 2002, in qualità di sindaco, Principe avrebbe sollecitato il dirigente del settore ad assegnare quella gara d’appalto per il bar Colibrì ad Adolfo D’Ambrosio (uno degli arrestati) e alla moglie. Anzi – sempre secondo l’accusa – l’allora sindaco avrebbe fatto in modo persino che D’Ambrosio non pagasse i canoni che spettavano al Comune di Rende. E non solo nel 2008 sempre l’ex sottosegretario avrebbe chiesto all’allora sindaco Umberto Bernaudo (destinatario della stessa ordinanza di custodia cautelare) di fare in modo che i coniugi D’Ambrosio passassero da debitori a creditori dell’Ente.
UNA CANDIDATURA DA 100MILA EURO Adolfo D’Ambrosio, considerato elemento di spicco della cosca Lanzino-Ruà, avrebbe chiesto 100mila euro per sostenere la candidatura di Sandro Principe. La frase è stata intercettata nel carcere di Cosenza, durante un colloquio tra lo stesso D’Ambrosio, detenuto, e il figlio Aldo, avvenuto il 12 marzo 2014. L’operazione contro la cosca e i politici di Rende evidenzia, dunque, non solo favori e assunzioni, ma anche l’elargizione di denaro. Secondo questa intercettazione, infatti, servivano 100mila euro per garantire il sostegno. Non una novità dal momento che Adolfo D’Ambrosio precisa che si tratta di un rapporto che sarebbe consolidato: «In silenzio sempre noi… come abbiamo sempre fatto». Secondo il gip Carlo Saverio Ferraro, «queste circostanze evidenziano l’esistenza di un legame storico tra l’intero gruppo criminale e Sandro Principe, oltre che dell’effettivo e produttivo impegno elettorale fornito nel passato in favore di quest’ultimo, in modo “silenzioso” accorto, al fine di non compromettere i politici favoriti».
LA COOPERATIVA “TESORETTO” DEL CLAN La cooperativa Rende 2000, al centro dell’inchiesta della Dda, sarebbe stata nella piena disponibilità della cosca Lanzino. La società, che si occupava di pulizia delle strade e verde pubblico per il Comune di Rende, aveva alle sue dipendenze, è scritto nell’ordinanza, 24 persone «appartenenti o comunque contigui, perché legati da vincoli di parentela o frequentazione, all’organizzazione criminale Lanzino». Secondo il racconto di un collaboratore di giustizia, Roberto Calabrese Violetta, «parte delle retribuzioni dei dipendenti venivano pagate solo fittiziamente ai medesimi, nel senso che una parte delle retribuzioni dei dipendenti confluiva nella bacinella della cosca, nessuno dei dipendenti si poteva sottrarre a finanziare forzosamente le casse del clan. Il meccanismo era il seguente, qualora il dipendente veniva pagato con assegno questi era tenuto a restituire in contante una parte della retribuzione».
L’ASSUNZIONE DI UN CAPOCOSCA C’era anche il boss Ettore Lanzino fra le persone impiegate nella cooperativa Rende 2000. La sua assunzione, è stato ricostruito dagli inquirenti nell’inchiesta che ha portato all’arresto di cinque politici, avvenne nel 2008 e durò alcuni mesi. Un collaboratore di giustizia ha svelato che il boss cosentino “venne assunto solo in modo fittizio tale da fargli percepire lo stipendio (750 euro mensili, ndr) pur senza prestare effettiva attività lavorativa». Lanzino, condannato per omicidio, era stato inserito nell’elenco dei 100 latitanti più pericolosi. Venne arrestato nel 2012 in un appartamento di Rende. Per gli inquirenti della Dda di Catanzaro e per il gip Carlo Saverio Ferraro, la sua, come «tutte le assunzioni presso la cooperativa Rende 2000, venivano decise o condivise da Sandro Principe».
Sarebbe stato sempre Principe, nel 2002, ad «avallare» con il dirigente comunale l’assunzione di D’Ambrosio come lavoratore lsu-lpu part time. Dopo il coinvolgimento del presunto esponente di vertice della cosca nell’inchiesta “Twister” nel 2004, nel 2008 sarebbe stato sempre Principe d’intesa con l’allora sindaco Bernaudo a sollecitare nuovamente l’assunzione di D’Ambrosio. Sandro Principe – mettono nero su bianco gli inquirenti – «si poneva a disposizione di D’Ambrosio». Quest’ultimo, in cambio del sostegno elettorale, avrebbe ottenuto da Principe la promessa di finanziamenti e sostegno per la sua cooperativa “Europa Service 2010”.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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