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TSUNAMI RENDE | Le bacchettate di Sandro a Cavalcanti

RENDE RENDE Se non «operava» come lui lo bacchettava. Sandro Principe non condivideva il modus operandi di Vittorio Cavalcanti come sindaco. «Ma pensa a fare il sindaco che stai facendo il pro…

Pubblicato il: 23/03/2016 – 14:09
TSUNAMI RENDE | Le bacchettate di Sandro a Cavalcanti

RENDE RENDE Se non «operava» come lui lo bacchettava. Sandro Principe non condivideva il modus operandi di Vittorio Cavalcanti come sindaco. «Ma pensa a fare il sindaco che stai facendo il procuratore della Repubblica!». Così l’ex sottosegretario, agli arresti domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione aggravata per avere favorito la ‘ndrangheta, si rivolgeva al primo cittadino di Rende Vittorio Cavalcanti quando questi si opponeva alle sue ingerenze nell’attività amministrativa dell’Ente. A raccontarlo è lo stesso Cavalcanti in una conversazione – intercettata dai carabinieri e finita nell’ordinanza di custodia cautelare – con la moglie nel settembre del 2013, tre mesi dopo le sue dimissioni presentate, a due anni dall’elezione, a causa dell’«ingerenza eccessivamente invasiva – ha ribadito Cavalcanti interrogato dai pm – sulle scelte mie quale sindaco, degli assessori e dei dirigenti da parte di Principe stesso».

«DEVI BACIARE LA MANO AL CAPO SE NO MEGLIO CHE SCAPPI» Sin dai primi giorni da sindaco di Cavalcanti, l’onorevole Principe – emerge dall’ordinanza – si sarebbe recato al Comune per dettare le sue «disposizioni». Avrebbe convocato tutti i dipendenti e imposto i suoi diktat. È lo stesso Cavalcanti a raccontarlo e a riferire quello che gli avrebbe risposto: «Togliti dalla testa che io faccio il sindaco per assecondare e chiudere gli imbrogli del passato». E i cittadini – racconta sempre l’avvocato Cavalcanti – sono stufi. Anzi aggiunge: «A Rende c’è un sistema per il quale se non vai a baciare la mano al capo non puoi lavorare. E se fai una cosa contraria al capo, meglio che scappi però poi votano sempre il capo».

LE INGERENZE CONTINUE DEL “PRINCIPE” Ma Cavalcanti non si sfoga soltanto con la moglie. Confidandosi con un amico, in un’altra conversazione intercettata, racconta di avere ricevuto la visita di una persona che voleva sapere se era possibile attuare un certo progetto. «E quando io – dice – come al solito da coglione ne ho parlato con Sandro lo sai che ha detto? “Questo non se ne parla nemmeno! Che glielo dico io, che mo’ lo chiamo io e glielo dico… ma come caz… ti permetti?” Cioè non aveva, non ha acconsentito nemmeno che uno me ne veniva a parlare di un problema». In un’altra circostanza, «due licenze» ritenute conformi alla legge erano «state tutte osteggiate – ribadisce Cavalcanti – in maniera violenta da lui perché una riguardava un imprenditore che aveva votato per un altro esponente del Pd, Carlo Guccione, e un’altra un costruttore che era all’opposizione».
In una circostanza, in occasione di un incontro pubblico, Cavalcanti avrebbe voluto evidenziare le criticità nella gestione della coop che, secondo l’accusa, sarebbe stata in mano alle cosche, ma «avendo anticipato il contenuto del mio discorso mi fu impedito di parlare».

LE DIMISSIONI DI UN AMICO DEL CAPO E POI DI CAVALCANTI Cavalcanti racconta anche che un «amico del capo» con delega alla Rende Servizi si era dimesso per non «essere coinvolto nei problemi della municipalizzata». L’avvocato poi spiega perché lui stesso fu costretto a dimettersi: erano continue le ingerenze di Principe e sia alcuni dirigenti che alcuni assessori non rispondevano più a lui ma a Principe stesso. «L’onorevole Principe amministrava il Comune di Rende anche dalla sua segreteria», riferisce Cavalcanti.

Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it

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