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CASO SCAJOLA | Le rivelazioni di "Polifemo" sui rapporti 'ndrangheta-massoneria

REGGIO CALABRIA Non è dato sapere, quanto meno per adesso, se Massimo Pizza fosse ospite del salotto del fratello Giuseppe. Tanto meno se abbia avuto modo di interagire con i suoi vari e altolocati…

Pubblicato il: 24/03/2016 – 18:41
CASO SCAJOLA | Le rivelazioni di "Polifemo" sui rapporti 'ndrangheta-massoneria

REGGIO CALABRIA Non è dato sapere, quanto meno per adesso, se Massimo Pizza fosse ospite del salotto del fratello Giuseppe. Tanto meno se abbia avuto modo di interagire con i suoi vari e altolocati ospiti. Di certo si sa però che questi ultimi avrebbero avuto più di un imbarazzo a mostrarsi o a farsi sorprendere insieme a lui. Nome in codice Polifemo – come da lui stesso svelato al pm John Woodcock che lo ha indagato nell’inchiesta Somaliagate – Massimo Pizza è un agente dei servizi del famigerato Ufficio K (killer). Quello composto – è emerso grazie ad un’interrogazione parlamentare di Giovanni Russo Spena -sostanzialmente dagli Ossi (operatori speciali del servizio), persone e agenti reclutati da Gladio. Quello – ha svelato Walter Bazzanella, ex ufficiale dell’aeronautica ed ex agente del Sismi – da cui partivano le telefonate della Falange armata, sigla finita a imbrogliare le carte della trattativa Stato-mafia dopo l’omicidio Mormile.

NOME IN CODICE POLIFEMO I servizi hanno sempre negato l’esistenza di un agente Polifemo, ma la storia – ricostruita poi dal pm John Woodcock nell’inchiesta Somaliagate – vuole Massimo Pizza al lavoro in Somalia come ispettore italiano nell’ambito di una missione ufficiale dell’Onu mirata a individuare i legami di Al Qaeda nell’area. Un incarico non esattamente alla portata di un semplice millantatore. Da indagato invece, al pm Woodcock il fratello del sottosegretario avrebbe rivelato l’esistenza di «una strettissima loggia massonica coperta, che ha rapporti con la criminalità calabrese e potenti coperture istituzionali», perché frequentata da politici e uomini di potere che finanzierebbero le proprie attività con i soldi in nero ricavati dallo sfruttamento delle risorse naturali (acqua e petrolio) e dal ciclo dei rifiuti. Ma di massoneria e mafie, Pizza aveva parlato a lungo anche con il procuratore aggiunto di Palermo Roberto Scarpinato, all’epoca al lavoro sull’inchiesta Sistemi criminali, che ha svelato la regia delle mafie dietro il boom delle leghe regionali negli anni Novanta.

DALLA SOMALIA ALLE LEGHE A Scarpinato, Pizza ha raccontato in dettaglio come la massoneria e mafie, con il valido contributo della galassia nera di Stefano Delle Chiaie, avessero in progetto un’azione di “destabilizzazione” finalizzata a creare le condizioni propizie per la divisione dell’Italia in più Stati. Notizie che per l’allora procuratore aggiunto di Palermo non sono state che conferme e riscontri alle dichiarazioni di neri, di ‘ndrangheta e di mafia già raccolte. Qualche anno dopo però, quell’inchiesta viene archiviata «per necessari ulteriori approfondimenti investigativi», mentre Polifemo – che sembra non aver alcuna intenzione di farsi dimenticare, tanto da farsi arrestare anche nell’ambito di un’inchiesta su Casa Savoia – ricompare in altre vesti e con altro nome.

CONVERSIONI È il vicepresidente dell’Associazione musulmani italiani (Ami), ma è tanto sionista – per sua stessa orgogliosa ammissione – da meritarsi un articolo agiografico sul Jerusalem Post, testata di riferimento della destra israeliana. Nella comunità musulmana italiana suscita più di una perplessità, ma per un certo periodo guadagna un discreto spazio nei salotti tv. Poi sparisce, di nuovo. Ma ce n’è abbastanza perché il fratello Giuseppe eviti i riflettori. Non sia mai che qualcuno finisca per fare due più due, come Gian Antonio Stella, che nel 2008 pizzica Massimo a pranzo con un discreto numero di rettori, dei quali avrebbe inoltrato i desiderata al fratello Giuseppe, all’epoca al ministero. Tutti negano. I rettori mandano lettere inferocite chiedendo rettifiche, lo stesso Pizza dice di non aver mai partecipato a quel pranzo. Ma questa è pubblicità che l’ex sottosegretario Giuseppe Pizza non si può permettere. Il suo è un salotto frequentato perché – fin quando la Dia non è andata a bussare a casa dei suoi ospiti – ha sempre garantito discrezione.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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