RENDE Adolfo D’Ambrosio si sbilanciava sui candidati delle fazioni opposte e non sui suoi “favoriti”. È uno degli stratagemmi usati dal presunto esponente del clan Lanzino-Ruà durante la campagna elettorale del 2011 per le amministrative di Rende. A raccontarlo ai magistrati della Dda di Catanzaro è il collaboratore di giustizia Pierluigi Terrazzano nel verbale confluito tra le carte dell’operazione che lo scorso 23 marzo ha portato ai domiciliari anche l’ex sottosegretario Sandro Principe e altri esponenti politici oltre a presunti boss della cosca del Cosentino.
Nel verbale del 27 dicembre del 2012 Terrazzano spiega come D’Ambrosio avesse effettivamente appoggiato la candidatura di Vittorio Cavalcanti «in aiuto a Sandro Principe». Era il candidato a sindaco sostenuto dall’ex consigliere regionale. Terrazzano precisa che D’Ambrosio non voleva esternare le sue preferenze per evitare accertamenti della magistratura e per «deviarla». Particolari che Terrazzano conosce perché D’Ambrosio abitava vicino ai suoi zii dove lui andava spesso. Circostanze che vengono poi supportate da altri elementi investigativi, come alcune intercettazioni telefoniche. Nelle conversazioni, captate dagli inquirenti, emerge come D’Ambrosio si accordasse con gli attacchini per l’affissione dei manifesti elettorali.
LA GESTIONE DEGLI ATTACCHINI In un’altra intercettazione D’Ambrosio (oggi ristretto al regime del 41 bis) parla con il figlio di Rosario Mirabelli (ex consigliere regionale, nel 2011 candidato al consiglio comunale di Rende con una lista a sostegno del candidato a sindaco Amerigo Castiglione. Il contenuto del dialogo è la divisione delle aree usate per affiggere i manifesti elettorali. È lo stesso D’Ambrosio a dare le direttive e a dire agli attacchini di passare dal bar Colibrì (della moglie di D’Ambrosio) per riscuotere il compenso e, se fosse stato necessario, di procedere anche con l’affissione abusiva. Sono, poi, gli attacchini a confermare ai pm il contenuto delle intercettazioni. In particolare, uno di loro racconta di aver affisso i manifesti per volere di Adolfo D’Ambrosio per Rosario Mirabelli (anche quest’ultimo è finito ai domiciliari assieme a Principe con l’accusa di voto di scambio). Sono diversi gli attacchini che, convocati dai magistrati, confermano di aver avuto incarico – per le elezioni del 2011 – da D’Ambrosio, a volte tramite il figlio, per attaccare i manifesti di Rosario Mirabelli. Tutti elementi che portano gli inquirenti ad accertare come «l’operato di Adolfo D’Ambrosio» fosse orientato a sostenere «in via parallela» le figure politiche di maggiore rilievo nel panorama locale, ossia Sandro Principe e Rosario Mirabelli, già «favoriti dal gruppo in precedenza» come emerge dai verbali dei pentiti Roberto Violetta Calabrese, nel 2013, e Adolfo Foggetti nel 2015. Perché D’Ambrosio – scrivono i pm di Catanzaro – era uno «di quelli che gestisco io…”, cioè con «una capacità di dirigere una squadra di persone in grado di raccogliere parecchi voti».
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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