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Perché il polverone contro Minniti?

La reazione suscitata da una frase pronunciata dall’on. Marco Minniti e la risposta del sen. Domenico Scilipoti meritano una puntualizzazione per l’evidente strumentalizzazione nel tentativo di tra…

Pubblicato il: 02/04/2016 – 15:44

La reazione suscitata da una frase pronunciata dall’on. Marco Minniti e la risposta del sen. Domenico Scilipoti meritano una puntualizzazione per l’evidente strumentalizzazione nel tentativo di trarre un vantaggio elettoralistico. Non è certo estranea alla polemica in corso la circostanza, che è bene sottolineare, di una notizia attribuita ad un politico che non riguarda eventuali malversazioni, ruberie, rapporti anomali e via di seguito, ma bensì di una opinione del responsabile politico dei Servizi circa la somiglianza dei reati di mafia con il terrorismo internazionale. Su questo punto vi dovrebbe essere una generale concordanza, salvo che non si voglia ritenere l’associazione mafiosa un circolo di buontemponi dediti al giuoco delle carte. Tutti sanno che tutta la popolazione di Platì non può essere accusata di fare parte di associazioni mafiose, piuttosto, senza ombra di dubbio, è giusto esprimerle simpatia e vicinanza per la semplice ragione che è la prima vittima della violenza ndranghetista. È altresì evidente che il consiglio comunale del centro aspromontano è stato sciolto per ben tre volte con l’accusa di infiltrazione mafiosa, costringendo la stessa popolazione, irritata per l’assurda situazione, a decidere di non presentare liste all’ultima competizione elettorale. Questa determinazione, quanto meno, ha il carattere della eccezionalità e, pertanto, può non incontrare la generale condivisione, nonostante si possa concordare sull’opportunità di rivedere la legislazione sullo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazione mafiosa. Il provvedimento di decadenza dovrebbe riguardare solo i consiglieri collusi e non l’intero organo, evitando, in tal modo di irrorare la sanzione solo ai colpevoli. Paradossalmente si potrebbe verificare l’elezione di un consigliere deciso dalla ‘ndrangheta qualora alla stessa faccia comodo impedire l’elezione di organi elettivi. Questa riflessione, in una fase meno emergenziale del passato, sarà approfondita per le opportune soluzioni. L’on. Minniti, però, correttamente, sulla base della normativa vigente, non può ignorare il comune sentire che ritiene alcuni territori più inquinati di altri non solo per le ripetute interruzioni della normale attività amministrativa, già di per sé grave, ma anche per la storica presenza di gruppi ‘ndranghetisti di alta caratura criminale. Del resto nessuno può disconoscere la completa estraneità dell’on. Minniti al mondo mafioso calabrese e la sua ben nota onestà, mai sfiorata da accuse o sospetti di complicità ad affari o maneggio illecito di denaro. Inoltre non può sfuggire la constatazione che a Platì opera, con apprezzamento dei dirigenti del Pd, un gruppo di iscritti che, qualora non avessero goduto per il loro lavoro politico del consenso dell’intero partito, ad iniziare dallo stesso on. Minniti, quest’ultimo avrebbe chiesto l’intervento degli organi nazionali per fare i dovuti accertamenti. Questo non è avvenuto e chiaramente dimostra quanto siano stati falsi gli attacchi all’autorevole membro calabrese del governo. E, allora, perchè si è voluto creare un polverone senza alcun fondamento razionale, con la Chiesa in prima fila a difendere l’onore cittadino ritenuto offeso? Nella lettura dell’episodio, va rilevato quanto sia pericoloso dare legittimità alla sottovalutazione del danno arrecato dalla ‘ndrangheta alla Calabria e, nel caso specifico, alla provincia di Reggio.

*Presidente della Consulta legalità del Pd

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