L’improvvisa scomparsa dell’icona dell’architettura mondiale Zaha Hadid inevitabilmente ripropone, qui a Reggio Calabria, l’importanza del Waterfront, un’opera strategica che, ove realizzata, riuscirebbe non solo ad identificare la città proiettandola nel futuro con i simboli della civiltà millenaria di cui è preziosa testimone agli occhi del mondo (si pensi al Museo del Mare), ma genererebbe, al contempo, rilevanti e positive ricadute economiche sul territorio, anche in chiave turistica, di indotto e di offerta culturale di stampo mediterraneo.
Se la capacità di guardare al futuro programmando la spesa di importanti risorse sul territorio è compito di una classe dirigente effettivamente attenta e sensibile ai bisogni ed alla stessa vocazione della realtà in cui essa agisce, il Waterfront non può essere liquidato alla stregua di “obiettivo non prioritario”, se non per assecondare la velleitaria e folle pretesa di fermare il corso di una pagina di storia che già occupa un posto importante nelle menti e nei cuori dei reggini.
Ed a nulla vale azionare la leva demagogica del costo di realizzazione della grande opera, dal momento che esso è garantito da risorse, già da tempo disponibili grazie al Decreto Reggio ed ai fondi Pisu, che nulla hanno a che vedere con quelle da destinare al soddisfacimento dei servizi pubblici essenziali cui il Comune è tenuto a far fronte.
Il pregiudiziale ed insulso tentativo di relegare tra le “illusioni” quest’opera di importanza strategica accentua e pericolosamente esaspera il rischio che il dibattito politico si riduca all’esiziale minimalismo di un lussuoso e salottiero esercizio di populismo che non ci si può più permettere in una città che oggi si ritrova al palo dopo aver dato ampia prova di saper immaginare e realizzare qualcosa di diverso dalle fontanelle di quartiere.
Ad una serena ed obiettiva valutazione delle dinamiche cittadine non sfugge che nemmeno la triade commissariale, simbolo del biennio di stasi amministrativa che ha paralizzato Palazzo San Giorgio e tutta la città, si assunse la responsabilità di far mancare continuità all’approvazione del progetto esecutivo del Waterfront assicurata dalla giunta Arena.
Attenersi ai dati ufficiali consente, dunque, di conferire rinnovata energia alla spinta propulsiva che portò la nostra città, fresca di riconoscimento dello status metropolitano, ad essere associata nelle cronache internazionali del 2009 al genio fortemente innovativo di un architetto tra i più ambiti del pianeta.
E non è affatto un caso che la voglia di crescere della Reggio di quegli anni fu una vera e propria corsa verso il futuro cui riuscì a dare impareggiabile forma proprio il talento di Zaha Hadid con il suo progetto, la cui realizzazione, lungi dal poter essere mediaticamente veicolata alla stregua di un’illusione o di un’aspirazione priva di aggancio con la realtà, oggi è ancora possibile, anche se soggetta soltanto a scelte politiche che diranno molto dell’ampiezza di respiro e della capacità di visione dell’amministrazione comunale in carica.
Se è vero (ed è vero!) che la bellezza salverà il mondo, gli amministratori di Reggio oggi finalmente hanno un’occasione per dimostrarlo passando dalle parole ai fatti, così come certa “fabbrica del pensiero”, affrontando la questione Waterfront lasciandosi guidare da uno studio delle carte amministrative e non dai pregiudizi, ha anch’essa l’opportunità di sintonizzarsi sul reale interesse della città che la collocherebbe al di sopra ed al di là dell’angusto margine della sfera individuale, tipicamente provinciale, che solitamente partorisce narcisistici “fuor d’opera”.
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