Giulio Golia il suo mestiere di “iena” lo sa fare bene. Pur con qualche imprecisione, infatti, ha confezionato un servizio molto efficace sul caso Alaco, il bacino idropotabile – situato nelle Serre vibonesi e gestito da Sorical – che la Procura di Vibo ha messo sotto sequestro nel maggio 2012. In nove minuti, andati in onda proprio pochi giorni dopo l’ennesimo rinvio dell’udienza preliminare relativa all’inchiesta “Acqua sporca”, Golia ha ricostruito alcuni aspetti di una delle vicende più controverse avvenute negli ultimi anni in Calabria, sfociata nell’accusa a dirigenti e tecnici di Sorical di avvelenamento colposo di acque.
Le Iene, si sa, si muovono sempre sul labile confine che separa l’informazione dall’intrattenimento, e dunque anche in questo caso non hanno resistito alla tentazione di inserire qualche elemento di folklore per rendere più accattivante il servizio. Operazione riuscitissima, per esempio, con il montaggio dell’intervista alla signora «Concetta» di Serra San Bruno – in realtà si chiama Catena –, che apre e chiude il servizio con una rivendicazione tanto semplice quanto disarmante: «Voglio l’acqua che c’era prima».
Ecco, oltre alle giuste pretese di Catena, Golia – che ha girato il servizio nell’estate scorsa – ha dato spazio alle dichiarazioni di quelli che erano i vertici dell’Arpacal all’epoca. L’ex commissaria ed ex dg Sabrina Santagati, per esempio, ha ribadito che l’acqua proveniente dall’Alaco è buona, ma ha rifiutato di bere da una bottiglietta riempita al rubinetto di Catena perché, a suo dire, prima di farlo avrebbe dovuto assicurarsi che a casa della signora ci fosse «un impianto di potabilizzazione». Parole che non hanno bisogno di alcun commento: il massimo responsabile di un’Agenzia che certifica un’acqua pubblica e (in teoria) resa potabile da Sorical, sostiene di fronte a milioni di telespettatori che dovrebbero essere i privati a “potabilizzarla” a spese proprie.
Ciò che forse è sfuggito ai più, però, è un’altra faccia dell’Arpacal mostrata da Golia, quella del dottore Francesco Russo, un professionista di grande esperienza che per anni ha diretto il laboratorio chimico di Catanzaro e che ha visto “nascere” l’invaso dell’Alaco. Russo è stato tra i primi – come si può leggere tra le carte dell’inchiesta vibonese – a confermare l’anomalia che, più di tante altre questioni oscure, è difficile da smentire per i big di Sorical: quando l’invaso dell’Alaco è stato riempito d’acqua, nel bacino c’era ancora una grande quantità di vegetali che nel tempo sono andati in decomposizione.
La bonifica, insomma, non è mai stata fatta in maniera adeguata, e ciò fa sì che, quando l’acqua viene trattata con cloro e ipoclorito, la presenza del materiale organico generi composti pericolosissimi per la salute umana. Come i trialometani, elementi che la stessa Arpacal ha trovato e certificato nelle famigerate analisi che rivelarono una notevole presenza di benzene, o di quelli che vennero poi definiti suoi derivati.
Golia chiede: «Ma quell’acqua sarà mai potabile?». Russo risponde: «Questa è una bella domanda. Dipende da quando finirà il rilascio di queste sostanze da parte del materiale che sta marcendo lì sotto. Nel ’97 era un’acqua che non necessitava di alcun trattamento». L’acqua «che c’era prima», quella di Catena. «Nel 2004 – ha aggiunto Russo – ha cominciato a deteriorarsi. Nel 2010 già probabilmente era in A3 (acqua che necessita di un trattamento chimico-fisico “spinto”, ndr). Ma secondo me ancora la fase acuta, il massimo del peggio, ancora deve arrivare». Parole inquietanti, proprio perché arrivano da una fonte qualificata. Ma ancora più inquietante è un altro fatto: Santagati fino a pochi mesi fa era al vertice massimo dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Calabria; Russo invece, dopo aver diretto per anni il laboratorio chimico di Catanzaro – competente sull’Alaco, il cui “rubinetto” di uscita ricade nel territorio di San Sostene –, e dopo aver segnalato le tante anomalie di quell’acqua, è stato “mandato” a dirigere il dipartimento di Crotone. Sfortunate coincidenze.
s.pelaia@corrierecal.it
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