Alla sanità calabrese non serve un piano di rientro, serve piuttosto una spending review seria e un serio piano di valutazione delle performance.
Il piano di rientro della sanità è stato ed è un Moloch a cui le strutture sanitarie calabresi hanno dovuto inchinarsi.
Facendo un bilancio di più di 6 anni di piano di rientro e di commissariamento, dobbiamo notare con rammarico che nessuno dei problemi strutturali della sanità è stato risolto, che il disavanzo delle strutture sanitarie continua a essere rilevante, che i Lea sono lontani dagli standard nazionali, che ai problemi già atavici il Piano di rientro ha aggiunto nuove criticità perché riducendo le risorse e bloccando le assunzioni ha reso problematici i servizi sanitari.
La logica dei tagli lineari non solo non migliora la qualità dei servizi sanitari anzi, tende ad appiattirne verso il basso il livello. Se risparmiare sempre e comunque è l’imperativo, se il turnover è bloccato, se gli investimenti latitano allora il livello qualitativo dell’erogazione dei servizi cala e quello che cresce è solo la mobilità sanitaria.
Bisogna allora avere il coraggio di dire che il disavanzo sanitario non solo non è la causa dei mali della sanità calabrese, anzi ne è piuttosto l’effetto perverso.
Il vero male della sanità calabrese è la scarsa qualità e il maggior costo del servizio erogato, spesso anche a causa di uno spreco di risorse.
Ishikawa con il suo famoso diagramma ha insegnato che per risolvere i macro-problemi bisogna scomporli in tanti piccoli problemi sui quali siamo in grado di agire. Se utilizziamo questo approccio non possiamo non notare subito che la causa del disavanzo sanitario sta soprattutto in una serie di inefficienze e di sprechi che, però, sarebbe abbastanza facile eliminare, se individuate. Analizzando la spesa sanitaria troviamo in primo luogo che, a parità di Drg, (il Diagnosis Related Group serve a misurare, a parità di diagnosi, l’assorbimento di risorse) la sanità privata costa meno di quella pubblica e la sanità calabrese costa più di quella emiliana.
Indagando sulle cause di questo scostamento troviamo che le principali componenti del maggior costo sono da ricercarsi in:
Maggior costo dei farmaci, degli ausili e dei presidi sanitari. La causa di questo è soprattutto da imputarsi al ritardo nell’espletamento delle procedure di gara che cristallizza per anni i prezziari, impedendo la ricerca di soluzioni più economiche e impedendo, tra altro, l’utilizzo di farmaci generici, ugualmente efficaci, ma molto meno costosi.
Utilizzo inefficiente delle strutture e dei macchinari. Ad esempio sale operatorie che lavorano al di sotto della capacità massima, in presenza di liste d’attesa, maggiore necessità di manutenzione straordinaria degli strumenti non giustificata dal maggior uso o dalla maggiore vetustà con i connessi costi in termini di ritardo nell’erogazione del servizio.
Capitolati d’appalto capestro che nessuno si prende la briga di valutare.
Una semplice spending review nelle strutture sanitarie varrebbe 10 anni di piano di rientro e, se gestita con un’ottica premiale, potrebbe addirittura diventare strumento di investimento. Perché ciò che si risparmia in sanità deve essere reinvestito sotto forma di risorse aggiuntive. Se un reparto, una Asp o un Azienda ospedaliera riduce i suoi costi del 20%, questo 20% deve tornare raddoppiato sotto forma di nuovi posti di lavoro per medici ed infermieri e di nuovi beni strumentali.
Perché l’obiettivo è quello di una sanità di qualità che attrae i pazienti piuttosto che “metterli su un aereo”. Per ridurre la mobilità sanitaria non serve un Commissario ad Acta, serve piuttosto che il sistema sanitario calabrese abbia Credibilità con la C maiuscola e questa, com’è noto, si conquista sul campo con i risultati e non si consegue per decreto. Se riducessimo solo di un terzo la mobilità sanitaria non avremmo problemi di Piano di rientro!
Valutazione delle performance e sistema di spending review premiale sono gli strumenti per migliorare la sanità calabrese. In sostanza basterebbero pochi interventi mirati e un’attenzione di tutto il management a questi aspetti e del piano di rientro potremmo farne tranquillamente a meno.
Il governo si sta orientando a permettere alle regioni di abbandonare il piano di rientro e questo sicuramente è un bene. Se in questo provvedimento si inserissero anche degli strumenti che rendano obbligatoria la spending review e che rafforzino i meccanismi di valutazione delle performance in ambito sanitario sicuramente i risultati sarebbero rilevanti anche per le regioni considerate meno virtuose.
* docente di Politica economica alla “Mediterranea” di Reggio Calabria
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