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Reggio, tre condanne per le mazzette all'ufficio Urbanistica

REGGIO CALABRIA È una sentenza che ribalta completamente le prime pronunce quella emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria al termine del procedimento Urbanistica, tornato di fronte ai giudi…

Pubblicato il: 06/04/2016 – 17:44
Reggio, tre condanne per le mazzette all'ufficio Urbanistica

REGGIO CALABRIA È una sentenza che ribalta completamente le prime pronunce quella emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria al termine del procedimento Urbanistica, tornato di fronte ai giudici dopo l’annullamento con rinvio dei precedenti giudizi strappato dai legali in Cassazione. Per il sistema di mazzette scoperto negli uffici del Comune di Reggio Calabria, i responsabili – hanno deciso i giudici – sono solo tre. Si tratta di Pasquale D’Ascoli, condannato a 3 anni, in luogo dei 6 anni e 6 mesi rimediati in precedenza, Carmelo Lo Re, in precedenza punito con 6 anni, oggi ridotti a 3 e Francesco Calì, condannato a 3 anni, in luogo dei 5 anni e 6 mesi in passato incassati. Pene sostanzialmente dimezzate perché per loro è caduta l’accusa di associazione a delinquere, come per Giuseppe Melchini, principale imputato del procedimento per questo in precedenza condannato a 7 anni e 8 mesi, ma oggi assolto dalle accuse. Sono stati invece dichiarati prescritti i reati contestati a Antonio Demetrio Artuso e Giovanni Tornatola, in passato puniti rispettivamente con cinque e quattro anni di carcere, mentre incassano un’assoluzione piena Marilena Mastrandrea e Antonio Smeraldo. 

Secondo l’ipotesi dell’accusa, confermata dai giudici di primo e secondo grado ma bocciata dalla Cassazione, l’ufficio Urbanistica del Comune di Reggio Calabria non era che una lobby che aveva trasformato la propria attività in «una famelica opportunità di guadagno» per un ristretto gruppo di potere. Un “sistema” che – secondo il teorema accusatorio passato indenne attraverso due gradi di giudizio, ma ribaltato dalla Cassazione, cui il nuovo processo d’appello si è conformato – sarebbe stato basato sostanzialmente su tre punti: la gestione dell’attività di Melchini in maniera “para-istituzionale”, l’esistenza di sottogruppi di interesse, anche contrapposti, e l’individuazione di ostacoli nei soggetti che, invece, tentavano di mantenere almeno una parvenza di legalità.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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