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Sanzione record per Gioacchino Genchi

REGGIO CALABRIA È una sanzione record da 192mila euro quella il Garante della privacy ha inflitto al perito Gioacchino Genchi, punito per aver violato più in più occasioni le norme sulla riservatez…

Pubblicato il: 06/04/2016 – 19:44
Sanzione record per Gioacchino Genchi

REGGIO CALABRIA È una sanzione record da 192mila euro quella il Garante della privacy ha inflitto al perito Gioacchino Genchi, punito per aver violato più in più occasioni le norme sulla riservatezza. Una vicenda che interessa anche – e da vicino – Reggio Calabria.

IL CASO REGGIO Per il perito è stato infatti di recente chiesto il rinvio a giudizio per aver conservato in un suo personalissimo database il materiale acquisito su mandato della procura reggina sull’ex numero due della Dna , Alberto Cisterna. Per i magistrati palermitani, Genchi avrebbe dovuto restituire, al termine del lavoro, il materiale acquisito nel corso della sua attività, ma ha invece conservato e organizzato in maniera del tutto illecita quei dati, poi serviti persino per scrivere il libro “Il caso Genchi”. Un’attività che non riguarda solo le informazioni raccolte su Cisterna, ma una «vasta e non selettivamente individuata platea di soggetti, fra cui magistrati, appartenenti alle forze di polizia, giornalisti e professionisti vari». Dati – sottolinea il Garante – raccolti lecitamente su incarico dell’autorità giudiziaria, ma il problema – e da qui la sanzione – è che non solo ha duplicato e conservato quelle informazioni in un archivio per un termine che va ben oltre i sessanta giorni previsti dalla legge, ma le ha anche utilizzate.

UN ARCHIVIO ILLECITO Il perito ha infatti usato quelle informazioni nei processi in cui era coinvolto, ma soprattutto le ha organizzate in un database «in assenza di specifico incarico da parte dell’Autorità giudiziaria e lo ha alimentato con i dati acquisti nel corso delle proprie attività di consulenza per conto dell’Autorità giudiziaria, utilizzando il patrimonio informativo in esso contenuto per finalità ulteriori rispetto a quelle correlate agli incarichi ricevuti». Il risultato è stata la creazione di un archivio enorme e delicatissimo. Dentro c’erano infatti 1.162.510 voci “Anagrafe/Soggetto”, 576.324 “Anagrafe/Prov”, i tracciati di 351.991.031 comunicazioni telefoniche e le informazioni relative alla titolarità di 13.684.937 utenze telefoniche. E si tratta di informazioni che Genchi non poteva possedere, né conservare – spiega il garante – perché «la registrazione e l’organizzazione dei dati nel database, così come la logica per la loro elaborazione, le finalità e le scelte di fondo in materia di sicurezza, i tempi di conservazione, l’ambito di comunicazione a soggetti terzi e a propri collaboratori, sono stati definiti in base a decisioni prese autonomamente». A stabilire come quelle informazioni dovessero essere trattate era il privato cittadino Genchi, non il consulente incaricato dall’Autorità giudiziaria, dunque in maniera del tutto illecita. E non solo per fini personali.

DATI A DISPOSIZIONE DI TERZI A quell’archivio, considerato «di particolare rilevanza» è stato permesso di accedere a « numerosi giornalisti, oltre a magistrati, ufficiali e sottufficiali dei Carabinieri, ufficiali della Guardia di finanza, dirigenti, funzionari, commissari, ispettori e sovrintendenti della Polizia di Stato, funzionari della Polizia Municipale e anche una figura professionale denominata “telecommunication engineer”». Nonostante nessun provvedimento dell’autorità giudiziaria autorizzasse tale consultazione,«a tali soggetti – sottolinea il Garante – era consentito un accesso a dati di natura giudiziaria anche di particolare rilevanza, alle analisi del traffico telefonico, agli accertamenti sui reali intestatari delle utenze». Dati patrimonio dell’autorità giudiziaria che aveva disposto – su precisa delega e per un periodo di tempo limitato gli accertamenti, ma che Genchi ha utilizzato poi per propri fini.

SANZIONE RECORD Circostanze che per il Garante della privacy configurano un rosario di violazioni ripetute e reiterate nel tempo, tanto da giustificare la sanzione record di 192mila euro. Una sanzione durissima, che porta alla luce un punto debole del sistema giustizia, oggi obbligato – o abituato – ad affidare a esterni incarichi di consulenza tecnologia, anche estremamente delicati, che mettono privati cittadini in condizioni di accedere a informazioni che – quanto meno in teoria – solo la magistratura e solo per fondate motivazioni, potrebbe e dovrebbe trattare.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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