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«Calabria orfana di una classe dirigente perbene»

RENDE «Riina jr ha mandato un messaggio preciso al Paese, dicendo che la mafia non esiste, e ai mafiosi che lui c’è e che il padre è ancora in grado di influire insieme a lui. Messaggi pericolosiss…

Pubblicato il: 08/04/2016 – 10:37
«Calabria orfana di una classe dirigente perbene»

RENDE «Riina jr ha mandato un messaggio preciso al Paese, dicendo che la mafia non esiste, e ai mafiosi che lui c’è e che il padre è ancora in grado di influire insieme a lui. Messaggi pericolosissimi, perché contenevano minacce a chi vuole collaborare con la giustizia. Che questo avvenga all’interno del servizio pubblico è inaccettabile. Ci auguriamo che non accada più». A dirlo è stata la presidente della Commissione antimafia Rosy Bindi, in merito al caso Rai e all’intervista al figlio di Totò Riina, parlando con i giornalisti all’Università della Calabria dove si trova per tenere una lectio magistralis sulla Costituzione della Repubblica. «La Rai – ha aggiunto – ci aveva fatto delle garanzie dopo il caso Casamonica (anche i parenti del boss del clan romano erano stati intervistati da Bruno Vespa a “Porta a porta”, come Riina jr, ndr). Ieri abbiamo avuto rassicurazioni sia dal presidente che dal direttore e speriamo di poter vedere realizzati gli intenti, che sono quelli di mettere sempre di più il servizio pubblico al servizio di una cultura della legalità».

IMPRESENTABILI «Stiamo ragionando su cosa fare – ha aggiunto Bindi sull’eventuale “screening” sulle candidature in vista delle amministrative – preventivamente e successivamente. Intanto siamo in grado di denunciare le carenze del sistema, non solo per applicare il codice della Commissione ma anche della legge Severino. Dovremmo vagliare più di 150 mila candidature e non siamo in grado di farlo. Due giorni a disposizione delle commissioni per vagliare le candidature – ha proseguito – sono pochi. Con l’autocertificazione si può anche dire il falso, quindi sarebbe meglio chiedere la presentazione dei certificati. Nel nostro Paese non c’è un casellario dei carichi pendenti nazionale e bisogna interrogare ogni singola Procura, e questo non è da Paese civile. Al di là di quello che può fare l’Antimafia, le istituzioni devono dotarsi di strumenti per poter assicurare ai cittadini che le persone che vanno a votare sono quanto meno a posto con la giustizia. Diversa è la responsabilità dei partiti, che dovrebbero darsi un codice che non necessariamente ricorre agli atti della magistratura».

TSUNAMI RENDE «Questo territorio – ha detto ancora Bindi – è stato investito da un’inchiesta giudiziaria pesante. Al momento non abbiamo ancora, come Commissione, tutti gli elementi per esprimere un giudizio sulla “vicenda Rende”, ma vi assicuro che li acquisiremo e non mancheremo di fare la nostra parte, come abbiamo fatto per ogni vicenda che si è aperta in questo Paese».

CLASSE DIRIGENTE «Guai ad avere un’idea di Calabria e Mezzogiorno orfano dello Stato, perché si può dare colpa allo Stato se i cantieri non sono terminati, ma non se un sindaco non fa pagare gli oneri di urbanizzazione. Un problema che investe tutti, perché Calabria e Mezzogiorno sono anche orfani di una classe dirigente perbene. E perbene significa liberi da tutti i poteri e soprattutto dai poteri mafiosi». La presidente della Commissione antimafia non ha risparmiato una valutazione trachant sulla politica calabrese. E lo ha fatto riferendosi alle inchieste su amministratori locali. «Una cosa è certa: il varco per le mafie – ha aggiunto – sono le amministrazioni perché si può usare la democrazia con meno fatica. Per influire sull’elezione di un sindaco o di un consigliere bastano cento voti, basta che un sindaco accetti di imparentarsi con qualcuno che porta voti senza chiedersi da dove vengono. Quando hai preso i voti della mafia la tua libertà di politico è finita». Rosy Bindi ha quindi esortato a «combattere le mafie con la Costituzione, con rigore perché attraverso l’impegno e la conoscenza si vincerà questa battaglia».

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