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Boss per eredità

REGGIO CALABRIA Personaggio controverso, per i più poco affidabile, ma spietato e aggressivo per questo utilizzato spesso anche per “lavori sporchi”, quando ha deciso di pentirsi, Peppe Greco ha so…

Pubblicato il: 09/04/2016 – 10:15
Boss per eredità

REGGIO CALABRIA Personaggio controverso, per i più poco affidabile, ma spietato e aggressivo per questo utilizzato spesso anche per “lavori sporchi”, quando ha deciso di pentirsi, Peppe Greco ha sorpreso tutti. Boss più per eredità che per meriti, ha saputo mantenere lo spazio criminale che ha ereditato senza mai raggiungere la caratura criminale del padre, il capo storico di Calanna, frazione di Reggio, don Franco Greco. Chi per anni lo ha monitorato, sa che non ha mai preteso più di quanto gli sia stato concesso, perché i soldi arrivavano senza sforzo e in più la droga che muoveva gli consentiva di rimpinguare ulteriormente le casse proprie e del locale. Ma nonostante il suo astro criminale non abbia mai brillato al di sopra del livello militare, per sangue e per censo è stato messo a conoscenza di informazioni delicate. Anche solo per averle ereditate dal padre.

DON FRANCO GRECO Un soggetto in grado di presentarsi dal notaio Giacomo Marrapodi portando imbasciate da parte del re della montagna in persona. Lo ha rivelato lo stesso professionista nel brevissimo periodo di collaborazione con i magistrati, interrotto dal mai chiarito suicidio. «Ore 12.30 mi riferisce Franco Greco (storico boss di Calanna, padre dell’attuale pentito Giuseppe, ndr) – si legge negli appunti del notaio finiti agli atti di diversi procedimenti – che circa due settimane addietro “don” Rocco gli ha detto che si è rivolto a lui il giudice Giovanni Montera per farlo intervenire su di me, al fine di fermarmi nell’azione contro alcuni magistrati. Don Rocco chiedeva al Greco se io fossi sempre un uomo saggio o se fossi divenuto pericoloso perché esaurito». Informazioni scottanti, che toccano il nodo dei rapporti fra l’élite della ‘ndrangheta reggina e la borghesia della città, in primis quella incistata negli apparati dello Stato. Informazioni che Peppe Greco ha ereditato, insieme alla carica di boss, che in passato ha usato per mantenere il suo potere e oggi potrebbe aver deciso di far pesare.

IMPRENDITORE PIGLIATUTTO Meno carismatico del padre, ma più feroce, per il pentito Giovanni Fracapane «lui è stato sempre pazzo diciamo», ma per casato ha potuto vantare legami con le maggiori cosche della città. «Sono amici anche con i Tegano, con i De Stefano, con i Condello, con tutti» mette a verbale nel 2004 il collaboratore, raccontando la cosca Greco. Ufficialmente imprenditore, Giuseppe Greco colleziona la prima condanna a vent’anni per detenzione abusiva di armi e da allora non fa nulla per distogliere da sé l’attenzione degli investigatori. Colleziona procedimenti per droga, armi, associazione mafiosa e omicidio, ma fin dal lontano 1993 anche la sua attività imprenditoriale viene passata a pettine fitto. A Greco risulta intestata una ditta individuale, che – scrivono i carabinieri in un’informativa del lontano 1993 – «collabora attivamente con quella del padre ed in 22 gare di appalto erogate dal Comune di Calanna dal 1988 al 1991, otto sono state aggiudicate dalle due ditte di cui sei dall’interessato». Non è un caso per gli investigatori. L’amministrazione di Calanna è stata decisa a suon di bombe, omicidi e attentati che hanno permesso al clan di «raggiungere il suo fine, cioè quello di poter lavorare tranquillamente nel Comune e di scoraggiare eventuali ditte non residenti, se non richieste dallo stesso per lavori tecnici che egli non potrebbe effettuare per la natura dei lavori stessi».

COLLABORAZIONE, ANZI NO Metodo e regime per anni rimasti inalterati a Calanna, nonostante i rovesci giudiziari e i periodi di detenzione dell’erede di don Franco. L’ultima volta che Peppe Greco è finito in carcere però, qualcosa è cambiato. Arrestato nell’ambito dell’indagine Meta, dopo tre anni dietro le sbarre, e un ricovero in clinica, il figlio di don Franco salta il fosso e decide di collaborare. Un percorso per nulla facile o lineare, di cui poco o nulla è trapelato. Le uniche dichiarazioni di Greco – allo stato – finite agli atti di procedimenti riguardano i rapporti con l’ex consigliere regionale Santi Zappalà, cui il clan ha venduto a caro prezzo l’appoggio elettorale. Di altro, al momento non si ha traccia. Ma forse, proprio per questo, Greco è stato in grado di compiere l’ennesima giravolta, rinunciando al programma di protezione. È tornato a Calanna. Qualche mese dopo, il sangue è tornato a scorrere.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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