CATANZARO Carmelo Salvino è uno dei manager regionali più vicini alla giunta Oliverio. Il presidente lo ha scelto, da quando è arrivato sulla poltrona più alta della Regione, per sbrogliare alcuni dei dossier più complicati. Una piccola escalation: l’11 febbraio 2015 è arrivata la nomina a commissario della fondazione Terina; il 24 novembre quella alla fondazione Field e il 4 dicembre dello stesso anno il passaggio a Fincalabra. Tre postazioni additate dal governatore come simboli dei guasti del passato e grumi di quella burocrazia «sciatta» che Oliverio mette al centro delle proprie invettive. Proprio l’ultimo incarico, però, potrebbe mettere Salvino in una posizione di dubbia compatibilità. Roba da burocrati, appunto, e da giuristi. Le perplessità nascono incrociando una dichiarazione del dg alla legge numero 39 del 2013. Vediamole.
L’AUTOCERTIFICAZIONE In un’autocertificazione dell’11 febbraio 2016, Carmelo Salvino, direttore generale reggente del dipartimento Agricoltura dichiara di non essere incompatibile con il ruolo che la giunta di Mario Oliverio gli ha assegnato. Spiega «di non aver assunto o mantenuto, nel corso dell’incarico, incarichi e cariche in enti di diritto privato regolari o finanziati dalla Regione Calabria, rispetto ai quali», in ragione dell’incarico di dg, «sono stati esercitati, dal sottoscritto, poteri di vigilanza e controllo delle relative attività». E infine spiega di non aver assunto o mantenuto «le cariche di cui all’articolo 12, comma 2 del decreto legislativo 39/2013». Il carro della “compatibilità” di Salvino potrebbe impuntarsi proprio su questo articolo.
L’ARTICOLO 12 Vediamo cosa dice: «Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono incompatibili con l’assunzione e il mantenimento, nel corso dell’incarico, della carica di componente dell’organo di indirizzo nella stessa amministrazione o nello stesso ente pubblico che ha conferito l’incarico, ovvero con l’assunzione e il mantenimento, nel corso dell’incarico, della carica di presidente e amministratore delegato nello stesso ente di diritto privato in controllo pubblico che ha conferito l’incarico». È un po’ contorto e servirebbe un esperto di diritto amministrativo per sbrogliare la matassa. Qui ci si limita a sollevare una questione che riguarda uno degli altri incarichi (non sono pochi) ricoperti dal dirigente regionale. L’incarico in questione è quello assegnato a Salvino in Fincalabra. Il manager è infatti il presidente del consiglio d’amministrazione della finanziaria regionale, e non un “semplice” commissario. Il suo ruolo risulta sia da una visura camerale che dal portale dell’ente. Dalla visura emergono la data di nomina (il 22 dicembre 2015, antecedente all’autocertificazione) e la durata dell’esercizio (tre anni). Il punto è: poteva Salvino firmare quella dichiarazione?
Il dirigente, appena arrivato, si è dato subito da fare per mettere in chiaro i conti di Fincalabra, facendo emergere un’operazione anomala messa a punto dal vecchio consiglio d’amministrazione utilizzando 46 milioni di fondi europei. Denari investiti in fondi comuni, contravvenendo, secondo il nuovo management, alle norme. L’inizio di un’opera meritoria. Resta, però, da chiarire la compatibilità o meno della sua posizione.
p.p.p.
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