RENDE I voti per raggiungere il quorum «venivano pagati». È questo il “Sistema Rende” descritto dai magistrati della Dda di Catanzaro che lo scorso 23 marzo ha portato agli arresti domiciliari politici eccellenti della città del Cosentino, tra i quali l’ex sottosegretario al Lavoro Sandro Principe. Il renziano, da sempre «rais» della città oltre il Campagnano – che è stato sindaco, capogruppo regionale, assessore, consigliere e deputato nelle coalizioni del centrosinistra – è accusato di corruzione elettorale aggravata e concorso esterno in associazione mafiosa. Assieme a lui sono stati travolti dalla bufera giudiziaria anche ex sindaci, ex consiglieri, assessori comunali e provinciali e un ex consigliere regionale. Ovvero: Umberto Bernaudo, Giuseppe Gagliardi, Pietro Ruffolo e Rosario Mirabelli. Secondo gli inquirenti, avrebbero scambiato voti con i mafiosi che avrebbero ottenuto dei favori. Su tutti loro lunedì, 11 aprile, il Tribunale della libertà di Catanzaro dovrebbe esprimersi in merito alla richiesta dei legali di revocare la misura degli arresti domiciliari. Nell’udienza, davanti al Riesame, i magistrati della Dda hanno depositato nuovi atti, tra cui un interrogatorio di un ex candidato a sindaco che riguarderebbe in particolare le posizioni di Principe e di Mirabelli. Ma anche la difesa dell’ex sottosegretario (i legali Franco Sammarco e Marco Amantea) hanno consegnato nuova documentazione che attesterebbe la totale estraneità alle accuse di Principe.
I CLAN INTERESSATI ALLE PRIMARIE Il perno dell’inchiesta – che sembrerebbe avere ulteriori sviluppi – sarebbe proprio Sandro Principe. «Il sostegno elettorale fornito dalla cosca Lanzino-Ruà – mettono nero su bianco i procuratori aggiunti Giovanni Bombardieri e Vincenzo Luberto e il sostituto Pierpaolo Bruni – a Sandro Principe e ai politici di sua espressione veniva ricambiato, per come emerso dalle indagini, con diversi e indiscutibili favori». Una conferma che arriva, inoltre, dalle dichiarazioni di alcuni pentiti che stanno facendo tremare la politica cosentina: dal centrosinistra al centrodestra.
I presunti boss sono molto interessati alle primarie del Pd dell’ottobre del 2007. Nelle quali – commentano i presunti esponenti della cosca Lanzino-Ruà intercettati dagli inquirenti – Principe ha «pigliato 1.930 voti». Sarebbe stato Francesco Patitucci, ritenuto il reggente del clan, a «fare la campagna elettorale per Principe e per la sua coalizione». In quel periodo c’era un grande fermento politico: il 14 ottobre del 2007 vennero celebrate le primarie del Pd, vissute come atto di nascita del Partito democratico. E anche in Calabria si registrò una grande affluenza da parte dei cittadini democratici. Dall’attività di indagine è emerso come le cosche fossero state molto impegnate nella campagna elettorale a sostegno di candidati che avrebbero poi potuto assumere ruoli di rilievo all’interno del partito.
Il 14 ottobre del 2007 Francesco Patitucci commentava così la notizia di una consistente affluenza alle primarie: «È buono così dai. Così ci sarà pane per tutti, o no?». La cosca avrebbe aiutato «l’onorevole Principe» per ottenere favori, assunzioni nelle cooperative del Comune di Rende e anche denaro («Cento carte mi dovete dare e facciamo quello che volete»): tutto «in cambio del loro affidabile e silenzioso appoggio elettorale», scrivono i magistrati della Dda. Adolfo D’Ambrosio, considerato uno dei reggenti del clan ristretto al 41 bis e coinvolto in questa inchiesta, confidandosi con un amico avrebbe ammesso di «aver salvato il culo a Sandro Principe in un paio di occasioni».
LO “SGARRO” AGLI AMICI DI LOIERO A Rende e dintorni non si muoveva foglia senza il placet «dell’onorevole». Lo dicono i collaboratori di giustizia, lo confermano le indagini della Distrettuale antimafia. E nella richiesta di custodia cautelare in carcere firmata dai magistrati Luberto, Bombardieri e Bruni (anche se il gip ai politici ha poi concesso i domiciliari) è descritta l’assunzione del presunto boss Ettore Lanzino – «disposta e avallata dall’onorevole Principe» – all’interno di una cooperativa del Comune. È stato lo stesso Principe, nel corso del suo interrogatorio del 29 gennaio del 2015, ad ammettere davanti al pm Pierpaolo Bruni di avere più volte ricevuto da parte dei cittadini richieste di assunzioni nella cooperativa “Rende 2000” e di aver fatto la segnalazione alla sua segreteria persino nel periodo in cui non era più sindaco. Principe avrebbe esercitato il suo potere decisionale nelle scelte politiche di uno dei Comuni modello del Cosentino. C’è un episodio particolare che viene raccontato agli inquirenti: nel 2007 «l’onorevole» venne dimissionato da assessore regionale dall’allora governatore Agazio Loiero. Allora Principe – scrivono i magistrati – «decise di rifarsi» facendo revocare al sindaco di Rende Umberto Bernardo («sua espressione» e finito pure lui ai domiciliari per voto di scambio) «quattro assessori comunali di Rende» appartenenti a coalizioni riconducibili a Loiero. Perché tutto gestiva «il re dei Principi».
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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