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Il cocktail che inguaia la sanità

Il terribile cocktail che rintraccia i suoi ingredienti nelle condizioni pessime in cui vive la sanità calabrese e le affermazioni rese da Raffaele Cantone in relazione alla presenza attiva della c…

Pubblicato il: 11/04/2016 – 10:45

Il terribile cocktail che rintraccia i suoi ingredienti nelle condizioni pessime in cui vive la sanità calabrese e le affermazioni rese da Raffaele Cantone in relazione alla presenza attiva della corruzione nel Ssn generano:
– da una parte, rabbia nei confronti della politica per non aver fatto nulla, meglio per avere incentivato questo disastro e consentito l’avvelenamento del sistema;
– dall’altra, la voglia di impegnarsi per rompere un ordinamento sanitario regionale ammalato e portarlo in condizioni di normalità.
In una situazione simile, appaiono quantomeno goffe le affermazione del ministro Lorenzin che tenta, vanamente, di premiare i comportamenti tenuti dai commissari ad acta avvicendatisi in Calabria. Ciò allo scopo di salvare “capre e cavoli”, questi ultimi intesi (evitando qui, per ragioni di gusto, di materializzare le prime) come coloro che ancora credono di potere rimediare ai guasti della sanità calabrese con misure che non infastidiscano i ceti professionali meno produttivi e rompano interessi e intrallazzi. Da qui, la rabbia che aumenta!
Il primo dei problemi è quello di capire fino a che punto “quantitativo” abbia inciso la Calabria della salute nel determinare il saldo statistico nazionale di «una Asl corrotta su tre».
Per essere più chiaro, le nostre aziende sanitarie e ospedaliere sono più corrotte o meno che altrove? Insomma, le aziende nostrane a che punto sono “terreno di scorribande da parte di delinquenti di ogni risma”, per dirla alla Cantone dixit? 
Una domanda che va girata, ovviamente, oltre che agli organi investigativi e a quelli giudiziari, ai preposti di turno che non adempiono agli obblighi dell’anticorruzione. Una anomalia che – dopo il Molise che fa l’en plein (100%) – vede al secondo posto (dei peggiori, ovviamente) la Calabria che, da patria della ‘ndrangheta, con il suo 88,9% batte per ko la Campania e la Sicilia, rispettivamente, con un distacco di 28,9 e di 31 punti. Ciò a dimostrazione che, dalle nostre parti, ciò che è regola rappresenta una opzione, della quale si può fare a meno tranquillamente. Addirittura ben oltre di come si fa nel resto del Regno di Napoli ove le inchieste per truffa al Ssn e le connivenze tra pubblici poteri, politica e interesse (molto) privato sono all’ordine del giorno.
Da qui, l’esigenza di rivoltare la Calabria come un calzino, diversamente da come si è detto qualche anno fa senza neppure provarci.
Il compito spetta alla politica. Lo strumento/veicolo attraverso il quale rimettere le cose a posto:
a) rivendicando nei confronti del governo centrale un “generoso” contributo che vada ben oltre l’invio dei “gringos” che non risolvono nulla;
b) restituendo al mittente quelle strane collaborazioni (Agenas e advisor in testa) che, rispettivamente, programmano (si fa per dire!) senza conoscere il territorio e i fabbisogni epidemiologici e ci costano milioni di euro all’anno senza fare alcunché; 
c) professionalizzando le aziende più di quanto lo siano e moralizzandone i comportamenti. A tal uopo, per rendersi l’idea del loro stato di inadeguatezza sarebbe sufficiente prendere in esame i servizi comprati da privati, per cifre esorbitanti, di naturale competenza dei ragionieri in organico che sappiano cosa sia l’Iva nella gestione della res pubblica ovvero il lavoro in affitto ad opera delle solite sedicenti cooperative, sulle quali i riflettori, di recente aperti sui Comuni, tardano ad accendersi;
d) evitando di disperdere inutili risorse di progettazione, a mo’ di come fece il governo Berlusconi con il Ponte sullo Stretto di Messina, per opere che non si realizzeranno mai;
e) lavorando per l’immediata rigenerazione degli organici ospedalieri e del territorio che sappiano prendere in mano il testimone dei tanti già andati in pensione e di coloro che da qui a poco vi andranno, desertificando i siti di assistenza in termini di qualità dell’offerta, attraverso un radicale sblocco del turnover, il cui costo andrebbe finanziato, in via straordinaria, dal Governo (magari utilizzando anche i cinque milioni di euro che,  pare, essere stati liquidati in un anno agli inutili advisor);
f) premiando l’erogazione dei livelli resi con elevata qualità prescindendo se a renderli sia il pubblico o il privato. Ciò allo scopo di incentivare le strutture pubbliche a resistere sul mercato pena la loro esclusione.
E tante altre cose che darebbero una mano ai calabresi a divenire finalmente “cittadini”, sino ad oggi offesi quotidianamente dalla non esigibilità dei diritti fondamentali.
Occorre, un progetto politico chiaro e fattibile! 
Si individua, in quello di oggi, il momento giusto. Fare ciò serve e non già ciò che gli “amici” vogliono, lo si sa, non paga politicamente.
Decisioni, del tipo, che fanno male agli interessi consolidati; che rimettono sotto la lente di ingrandimento «l’enorme giro d’affari che la sanità ha intorno», funzionale ad arricchire tanti e ad impoverire l’utenza; che riportano l’occupazione nell’ambito delle regole. Sono tutti interventi che possono essere imposti da un governatore che, probabilmente, non sarà più eletto. 
L’occasione giusta per il presidente Oliverio che ha dichiarato, sin dal suo esordio, di non avere alcun interesse a ricandidarsi. Un modo per passare alla storia!    

*Docente Unical

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