Non solo a causa della crisi – mondiale, europea, italiana e calabrese – in gran parte dei comuni calabresi si vive in una condizione di apatia e di rassegnazione. Quasi, quasi a rimpiangere i tempi passati, quando – inutile nasconderlo – c’erano maggiore inventiva, intense attività socio-culturali,vera dedizione ad una causa comune. Soprattutto i giovani, ma anche quelli attorni ai quaranta, dopo aver assolto al dovere di studiare, ci si trovava, insieme in piazza o in riva al mare (dove lo Jonio o il Tirreno erano a due passi) ad inventare il modo di allontanare apatia e rassegnazione ad una vita fatta di scarse occasioni di impegno o di svago.
Non sono in molti i centri nei quali si ha piena la consapevolezza che – lavoro a parte, che comunque non è poca cosa – che bisogna dar vita all’estro dell’improvvisazione per non scivolare nell’abbandono e nell’isolamento!
Uno dei quattrocento e passa comuni calabresi che, grazie a Simona Gerace, ha avuto l’ardire di diffondere una lettera-volantino con il quale attirare l’attenzione di tutti è stato San Giorgio Morgeto, un piccolo centro della piana di Gioia Tauro. “San Giorgio Risorgi” è stato titolato il volantino diffuso nelle case, nelle Chiese, nelle piazze, in mezzo alle strade. In questo documento vengono scritte le aspirazioni e le idee per rendere la cittadina migliore e più vivibile, non addormentata ma capace di suscitare interesse, proprio in questo periodo di difficoltà di tutti i segni possibili.
Cos’hanno scritto i giovani? «Il nostro piccolo paese, ad una ventina di minuti dallo svincolo autostradale di Rosarno, amato e sognato da chi si è allontanato per trovare lavoro (con San Giorgio Morgeto sono innumerevoli i comuni che vivono questa condizione di sofferenza) sta attraversando un momento di sopore, di sfiducia, di torpore a tutti i livelli».
Verissimo, anche perché, da quelle parti, questi momenti sono comuni, al punto tale che, qualche volta, non riesci a stare più di due giorni o magari, vai rimani deluso e te ne torni, oppure ti penti e non sai scegliere, con la conclusione che se rimani non sei felice, se te ne vai, sei infelice lo stesso.
I giovani di San Giorgio Morgeto – e non sono perché hanno riflettuto e finanche scritto il documento-volantino – hanno voluto sottolineare che «noi siamo sicuri, forse più che in altri territori, abbiamo un cuore, una tradizione, valori che ci potranno permettere di dare un volto nuovo al nostro paese, ma abbiamo bisogno di credere che San Giorgio Morgeto possa essere più vivo e più interessante in tante situazioni».
Ed i giovani del piccolo centro, a due passi da Polistena, hanno individuato e proposto alcune soluzioni.
Quali? Si dovrebbe cominciare, hanno messo nero su bianco, a cambiare il modo di vivere nel nucleo familiare – i genitori devono essere più attenti verso i figli – ad avere un atteggiamento nuovo della scuola dove, hanno scritto, «i moderni metodi educativi spesso devono sottostare a logiche di accorpamento che incidono sulla qualità dell’istruzione». I giovani sangiorgesi vanno oltre chiedendo unità, non individualismo( questo,forse, è un po’ più difficile perché appartiene al nostro modo di essere calabresi), il superamento di divisioni, abbandonando vecchi rancori “di paese” che oggi non stanno da nessuna parte. Diceva Cesare Pavese – e l’ho scritto sul libro “I diari di mio padre 1938-1946” edizioni Pellegrini, a proposito del rientro di mio padre dopo nove anni, tra allievo ufficiale,seconda guerra mondiale a Bengasi e prigionia ai piedi dell’Himalaya – che un paese vuol dire non essere soli;sapere che nella gente,nelle piante, nella terra, c’è qualcosa di tuo che,anche quando non ci sei, sta ad aspettarti.
Nel suo “La luna ed i falò” Pavese ha fotografato cosa può e deve essere un piccolo centro. Altrimenti perché,la gran parte, prima o poi ritorna, e se non può ritornare spesso vuol sapere, cosa è accaduto, le novità,belle o brutte, se il mare è stato in tempesta, se la montagna è innevata, se il Sindaco ha migliorato il verde,le strade, le fogne. Perché prevalgono le radici, devono prevalere o, almeno, non si possono recidere! Ecco perché i giovani di San Giorgio Morgeto hanno scritto che «ormai si è perso l’interesse, il gusto di stare in famiglia, il senso della gioventù e soprattutto uno spazio ed un luogo nel quale poter esprimere la loro giovinezza». Lo hanno scritto perché l’interesse per migliorare se stessi ed il loro paese deve tornare. Quanto allo spazio dove potersi esprimere non dovrebbe esser difficile: basta coinvolgere la comunità tutta, chiedere un contributo, realizzare – inventando – quanto di più coinvolgente ci possa essere: dal divertimento, al momento culturale, dalla protesta alla proposta, come si diceva un tempo. Uno spazio che deve sempre aperto per discutere, proporre, realizzare, divertirsi.
L’artigianato? A San Giorgio,come altrove e non solo in provincia di Reggio, può e deve essere riscoperto, anche con l’aiuto degli emigrati al Nord o all’estero, per contribuire ad una nuova economia, che risollevi le sorti comunali ed impegni giovani. A
l pari dell’agricoltura!
È importante, però, che non prevalga la rassegnazione perché “è figlia del disimpegno e della mentalità mafiosa”! Non si nascondo dietro un dito, questi giovani, anche perché si dicono fiduciosi che a San Giorgio le cose possano avviarsi verso il cambiamento. Ecco perché non danno grande credito agli sfiduciati che considerano bugiardi. A loro parere, ed è la pura verità, basta trovare il coraggio,rimboccarsi le maniche, e riscoprire l’amore per il proprio paese.
La conclusione, tutta da sottoscrivere: «dobbiamo imparare a risorgere con noi stessi, far morire il senso di stanchezza, non essere spettatori inermi,ma attori perché se ognuno facesse la propria parte, si possono ottenere grandi cose per il futuro!
«La vera generosità verso il futuro, consiste nel donare tutto al presente», lo diceva Albert Camus.
*giornalista
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