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Il messaggio indecifrabile di Condello

REGGIO CALABRIA Maglia lisa, giacca sdrucita, pantaloni strappati e rimboccati nei calzini, ciabatte, una bandana in testa e un sacchetto di spazzatura in mano: così il superboss Pasquale Condello …

Pubblicato il: 13/04/2016 – 19:46
Il messaggio indecifrabile di Condello

REGGIO CALABRIA Maglia lisa, giacca sdrucita, pantaloni strappati e rimboccati nei calzini, ciabatte, una bandana in testa e un sacchetto di spazzatura in mano: così il superboss Pasquale Condello pretendeva di assistere oggi al processo d’Appello Meta. Una mise considerata irriguardosa dalla polizia penitenziaria, che dopo averlo visto entrare così vestito nella sala per le videoconferenze del carcere di Parma, ha immediatamente messo al corrente i giudici. Ma la Corte ha capito subito di non essere di fronte ad una semplice boutade. Per questo, ha immediatamente informato la pubblica accusa, rappresentata dal sostituto pg Giuseppe Adornato e dal pm Giuseppe Lombardo, applicato anche in Appello, l’avvocato Giuseppe Calabrese, legale di Condello, quindi l’aula, gremita di avvocati. E per tutti, il comportamento del superboss è stato una sorpresa.

COMPORTAMENTO IRRITUALE Chiuso in un silenzio impenetrabile fin dal giorno della sua cattura – rotto solo al processo Vertice per tacciare di «infame» il suo ex braccio destro, oggi pentito, Paolo Iannò – Condello ha sempre mantenuto un comportamento irreprensibile, tanto alle poche udienze cui ha scelto di assistere, come in carcere. Per questo la “sceneggiata” di oggi ha inizialmente sorpreso, quindi preoccupato la pubblica accusa. Un comportamento del genere non è nello stile del superboss. Per lui, è un’assoluta novità, su cui il pm Giuseppe Lombardo, che fin dal suo arrivo a Reggio Calabria indaga sui clan di Archi, vuole vederci chiaro.

IN PERFETTA FORMA Anche perché Condello sta bene, è perfettamente lucido e in piena salute. Lo ha confermato anche il dirigente medico del carcere, che su sollecitazione della Corte ha sottoposto a una visita approfondita il superboss, per escludere  una qualsivoglia patologia. Un’ipotesi smentita dai controlli, che hanno certificato che Condello è totalmente presente a se stesso, lucido e razionale. Per questo, il suo atteggiamento ha dato da pensare – e tanto – agli inquirenti.  Adesso, ne sono convinti. L’atteggiamento del superboss oggi è stato mirato a trasmettere un messaggio – e molto preciso – a chi ha il codice per intenderlo.

L’IRA DEL PUPO Condello, come molti che insieme a lui sono dietro le sbarre – ipotizzano in Dda – è imbestialito. Nel tempo, ha capito di essere stato solo il re di un mondo piccolo piccolo, esteriore, ma soprattutto sacrificabile a beneficio di un sistema molto più grande e complesso che sulle spalle della cosiddetta ‘ndrangheta visibile è stato costruito e ha beneficiato. Lui che si credeva “puparo” ha capito – dopo anni di carcere duro, che nessuna istanza affievolisce – di essere un pupo, condannato da chi insieme a lui, ma soprattutto tramite lui per anni ha agito.

L’INQUIETUDINE DEI RISERVATI Il problema – ipotizzano gli inquirenti – è che Condello, al pari di altri boss tanto calabresi come siciliani del suo calibro come Giuseppe De Stefano o Bernardo Provenzano è un uomo che sa. Il suo potere e il suo regno per anni sono stati cementati tanto sulla capacità di mobilitazione militare delle truppe della ‘ndrangheta visibile, come sulle informazioni di cui è in possesso sulla ‘ndrangheta invisibile. Uno “strato” accertato proprio dal processo Meta – che ha visto il superboss condannato a 20 anni di carcere –  e cui la Dda da tempo vuole dare nome e volti. Su questo fronte, le indagini proseguono da tempo.

GLI INVISIBILI Lo stesso pm Lombardo, nel corso della sua requisitoria al processo Meta, aveva sottolineato che «la ‘ndrangheta non finisce agli imputati di questo processo», ma al contrario rimangono da individuare quegli «invisibili» – più volte evocati tanto nelle dichiarazioni dei pentiti come nelle intercettazioni – che negli anni hanno usato anche intimidazioni clamorose o catture eclatanti come «armi di distrazione di massa» per tutelare il nocciolo duro, il nucleo pulsante, il centro strategico della ‘ndrangheta inserito in sistemi criminali, molto più complessi e articolati, che vanno anche al di là di Reggio o la Calabria. Ma qui mantengono indissolubili legami.

IL MESSAGGIO DEL SUPERBOSS Si tratta di invisibili che Condello conosce – e bene – che ha visto in faccia, con cui si è relazionato e di cui conosce i segreti. Per questo, i segnali di irrequietezza – al pari di quelli lanciati dal capocrimine Giuseppe De Stefano prima di lui, nel corso di dichiarazioni spontanee che da tempo vengono analizzate – per la Dda sono un messaggio che il superboss vuole lanciare all’esterno. I destinatari non sono i giudici della Corte, non sono gli inquirenti e nemmeno i legali. Chi è in grado di interpretare a pieno quel messaggio – sono convinti al sesto piano del Cedir – non era nemmeno presente in aula bunker. Ma Condello si è voluto assicurare che le sue parole mute fossero recepite.

SILENZIOSA SODDISFAZIONE? Non a caso, qualche ora dopo il trambusto iniziale, ha accettato di vestire in maniera più consona e – come di consueto – ha assistito impassibile all’udienza. Da parte sua, neanche un monosillabo è arrivato durante la relazione, o quando la pubblica accusa e le difese hanno motivato le richieste di integrazione istruttoria presentate. Senza muovere un muscolo, ha ascoltato la Corte rinviare la decisione al 25 maggio prossimo, quando verrà sciolta la riserva sulle istanze dei pm e dei legali. Dopo, in silenzio, è tornato in cella. Probabilmente soddisfatto, si mormora in Dda. Il chiaro messaggio che voleva lanciare – dicono gli inquirenti – ha già preso la strada per essere comunicato all’esterno.  

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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