ROMA È definitiva la condanna a un anno e sette mesi per peculato all’ex procuratore di Vibo Valentia Alfredo Laudonio con l’attenuante della particolare tenuità del fatto e la sospensione condizionale. La ha stabilito la Cassazione nell’udienza del 13 marzo – come si legge nelle motivazioni depositate oggi – confermando la decisione della Corte d’appello di Salerno dell’11 febbraio 2015. La vicenda ha per oggetto quattro missioni a Roma al servizio centrale della polizia scientifica, a seguito delle quali «Laudonio liquidava a se stesso» rimborsi per le spese di viaggio e soggiorno, compresi pernottamenti nella Capitale «non strettamente necessari». La Corte d’appello pur ritenendo «insindacabile» la scelta del magistrato di recarsi a Roma, ha valutato sussistere la «distrazione per quelle spese». Il magistrato ha opposto tra l’altro l’insussitenza del reato di peculato, sul quale invece – a giudizio della Cassazione (sentenza n. 15854) – la Corte d’appello «ha fornito puntuali ed argomentate risposte». Infatti, sottolineano gli ermellini, l’appropriazione di denaro «può avvenire anche attraverso il compimento di un atto di carattere dispositivo di sua competenza o connesso a prassi e consuetudini invalse nell’ufficio». In primo grado, ricordano i giudici, è stato dimostrato che «con proprio decreto il Laudonio», sulla base dell’«autorizzazione rilasciata a se stesso» e «allegati i documenti giustificativi delle spese sostenute, si autoliquidava gli importi dovuti per le missioni», mentre il funzionario delegato (che ha poi segnalato il fatto, dando avvio alle indagini), che in base alla legge avrebbe dovuto emettere l’ordine di pagamento, «si limitava ad apporre un timbro»: si era così instaurata «una prassi illegittima».
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