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«Salviamo la faggeta di Condrò, una delle più belle d'Italia»

LAMEZIA TERME «La faggeta di Condrò corre un grave pericolo». Inizia così l’accorato appello che l’avvocato e scrittore lametino Francesco Bevilacqua, noto per le sue battaglie in difesa della natu…

Pubblicato il: 15/04/2016 – 9:38
«Salviamo la faggeta di Condrò, una delle più belle d'Italia»

LAMEZIA TERME «La faggeta di Condrò corre un grave pericolo». Inizia così l’accorato appello che l’avvocato e scrittore lametino Francesco Bevilacqua, noto per le sue battaglie in difesa della natura e dell’ambiente, ha indirizzato alle istituzioni, alle associazioni e alla stampa. In particolare, Bevilacqua si rivolge al Comune di Feroleto Antico, nel Catanzarese, che insieme a Platania e a Serrastretta è proprietario del bosco. Un vero e proprio patrimonio naturalistico definito come una «delle più belle faggete italiane, con alberi di considerevole età e di grandi proporzioni, i cui tronchi argentei svettano alti e slanciati – si legge nell’appello – oltre che essere un bosco di alto valore ecologico». Ma l’amministrazione comunale di Feroleto Antico, non pensandola propriamente in questi termini, ha avviato un Piano pluriennale di tagli (Ppt) in cui ricadrebbe anche parte della suddetta faggeta. Nelle motivazioni redatte dai tecnici, secondo l’avvocato, emergerebbe infatti che – nel territorio interessato al taglio degli alberi – non si è di fronte ad un bosco d’alto fusto, ma ad un semplice “bosco stecchino”, quindi desolato ed esiguo. Tale definizione è stata adottata in seguito a tagli precedenti che hanno dato vita ad un bosco formato da ceppaie in cui spunta una corona di alberelli e che quindi «può continuare ad essere assoggettato a tagli periodici con rilascio di singole matricine (esili polloni che spuntano dalle ceppaie) distanziate fra loro di alcuni metri», continua la nota.
Nella relazione del Piano si evidenzia come, in due dei tre comparti soggetti all’operazione, la vegetazione principalmente esistente è proprio il faggio che, insieme al castagno, rappresenta «l’essenza forestale che più si presenta in equilibrio e in armonia con l’ambiente circostante». E il faggio stesso viene rappresentato come pianta soggetta ad un’operazione a «ceduo matricinato». L’intervento, procederebbe infatti con il trattamento a ceduo e con il conseguente rilascio di matricine, ovvero la pianta che viene lasciata quando si effettua il taglio di un’albero con lo scopo di garantirne il rinnovamento del bosco stesso per seme. Il taglio dovrebbe inoltre consentire di riservare almeno 50 matricine per ettaro, che possono diventare anche 70 se il bosco è in pendenza.
L’intervento inoltre prevederà «tagli di sfollamento e di diradamento, a causa dell’eccessiva densità del bosco», in modo che le chiome delle piante dominanti restino a leggero contatto tra di loro. Infine saranno sottoposte a taglio anche le piante morte, deperienti o malformate e che quindi danno un minore affidamento per il futuro.
Una vera e propria opera di depauperamento della zona, secondo l’avvocato lametino, emergerebbe da questa relazione in cui si «vorrebbe far credere, così, che non saremmo di fronte ad un bosco d’alto fusto come nella parte alta della faggeta e quindi di non particolare importanza».
Un forte richiamo, quello lanciato da Bevilacqua, che è stato accolto da molti sensibili al problema. Infatti, un’operazione del genere, secondo alcuni, potrebbe portare anche ad altri rischi come l’erosione del suolo, frane o una riduzione, se non addirittura una perdita, dell’acqua delle sorgenti. Un patrimonio inestimabile non solo per il Catanzarese, ma per l’intera regione. Infatti, la faggeta, oltre ad essere un Sito di interesse comunitario (Sic), fa parte del massiccio del Reventino-Mancuso, al centro di numerose proposte per la costituzione di un Parco regionale.
Questo sottogruppo montuoso fa parte infatti dell’altopiano della Sila piccola o catanzarese. È un’area con una propria autonomia geografica, storica e da qualche anno anche amministrativa con l’istituzione della Comunità montana dei monti Reventino, Tiriolo e Mancuso. E all’interno della stessa faggeta di Condrò sono racchiusi alcuni dei più suggestivi fenomeni geologici del gruppo montuoso, come ad esempio le grandi e piccole rupi che s’innalzano sulle pendici o sui costoni dei monti e che sono dette comunemente “pietre” o “timpe”. Nella zona della faggeta ne sono presenti due: la pietra dei Margari e la Pietra Pizzuta, nel versante sud-occidentale di Monte Condrò. Infine è presente nella zona anche un valico, chiamato passo di Condrò.

Adelia Pantano
redazione@corrierecal.it

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