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Il tentativo "disperato" del Pd di recuperare consenso

Trivelle sì, trivelle no, nella terra degli inciuci.Si va a votare, anzi è più corretto dire che ci sarà chi va a votare e chi invece non lo farà ed invita a non farlo.Mario Oliverio, con lo stesso…

Pubblicato il: 16/04/2016 – 14:21
Il tentativo "disperato" del Pd di recuperare consenso

Trivelle sì, trivelle no, nella terra degli inciuci.
Si va a votare, anzi è più corretto dire che ci sarà chi va a votare e chi invece non lo farà ed invita a non farlo.
Mario Oliverio, con lo stesso entusiasmo che i capponi hanno quando si avvicina il Natale, ha annunciato che andrà al seggio per votare un bel sì che poi è un chiaro no alla linea energetica portata avanti dal premier e dal segretario nazionale del suo partito.
Ernesto Magorno, felice di potere almeno una volta dimostrare coerenza, dai seggi si terrà ben lontano, ritenendo pretestuosa e squisitamente “antirenziana” la linea di chi, dopo avere avvelenato e infangato la Calabria, sia nel senso geografico che in quello politico, scopre una tardiva anima ambientalista.
Non vi è dubbio alcuno che vincerà Magorno: in Calabria il quorum non lo si è raggiunto nelle ultime Regionali (ha votato solo il 46% dei calabresi) figuriamoci se lo si acciufferà in virtù dell’invito del governatore e delle sue dame, quella bianca e quella nera, mai come in questa fase storica, “unite nella lotta”.
Archiviata la parentesi si tornerà agli affanni rimasti in sospeso. Primo fra tutti il tormentone Cosenza. Lucio Presta, candidato a sindaco, ha pubblicamente ringraziato il Pd «per avere fatto un passo indietro». Lui, in effetti, ha come riferimento Briatore più che Gramsci o De Gasperi. Il Pd, non c’è dubbio, di passi indietro ne ha fatti non uno ma diversi. Ne ha fatti tanti da costringere la segreteria nazionale a convocare d’urgenza Magorno e soci per chiedergli conto dei dati catastrofici che emergono dai sondaggi commissionati. Così catastrofici da fare intravedere qualche possibilità su Roma (il Pd è al 25% sorpassato solo dal Movimento 5 Stelle che è al 27%) e finanche su Napoli (l’accordo strappato a Bassolino rimette in forse la rielezione di De Magistris) ma buio fitto su Cosenza: si votasse domani al ballottaggio ci andrebbero Occhiuto e Paolini.
Se non siamo al panico poco ci manca.
E allora tutti a Cosenza a vedere come rimediare. La scaletta delle cose da fare viene stesa rapidamente:
1) recuperare ad ogni costo il rapporto con i fratelli Gentile e il Nuovo centrodestra;
2) imporre a Iacucci e Pignanelli di badare meno ai… fatti loro e di più a quelli elettorali;
3) marcare Oliverio perché imponga a Iacucci e Pignanelli di fare la campagna elettorale;
4) coinvolgere nella competizione tutti gli assessori regionali e non soltanto la signora Roccisano e il signor Rossi;
5) tenere lontano gli impresentabili dalle liste;
6) nella misura in cui questo risultasse impossibile, tenere lontano la commissione parlamentare Antimafia dalla valutazione delle liste;
7) strappare una tregua armata con le Procure perché rallentino le indagini in corso;
8) evitare che un pezzo del Pd, felice di far fuori l’altro pezzo, emuli Nicola Adamo e stringa patti segreti con Paolini;
9) a tal fine imporre la candidatura a tutti i parlamentari e consiglieri regionali dell’area cosentina;
10) sospendere la nuova infornata di nomine e consulenti per evitare che cresca il fronte dei gabbati e degli insoddisfatti.
Un decalogo capace di uccidere un toro solo che questi abbia la facoltà di leggere.
Perché il primo punto è già saltato: Gentile e Paolini faranno fronte comune. L’annuncio ufficiale arriverà prestissimo, quello ufficioso lo ha già dato il viceministro Tonino Gentile direttamente a Luca Lotti: «Siamo più renziani dei tuoi renziani di Calabria, caro Luca. Anche per questo non ci vogliono nella maggioranza alla Regione Calabria. Eppoi, sono troppo disinvolti e non va bene, vedrai che non va bene… ».
Quanto poi a orientare la macchina regionale in direzione di un impegno maggiore nella raccolta del consenso, è cosa ardua assai per Oliverio. Al decimo piano è un conflitto al giorno e ormai la presenza di carabinieri e guardia di finanza che chiedono di acquisire atti e deliberazioni è diventata consuetudine quotidiana. La Dama Bianca evita di farsi vedere, ma non di farsi sentire: a chi le dà e a chi le promette. L’alta burocrazia è dedita al più palese sabotaggio, l’avvocatura regionale resta fuori controllo. E intanto arrivano provvedimenti giudiziari a carico di pezzi importanti del sistema, di questo ci occuperemo diffusamente in altri servizi. Le liste dei candidati restano appaltate ad ambienti e personaggi esterni al Pd ed esterni financo alla politica. La foglia di fico alla quale i maneggioni del Pd stanno lavorando, rischia di far più danni delle vergogne malamente occultate. «Chiederemo ai candidati di esibire il certificato penale», come se Concettina Riina, figlia du zzu Totò non avesse il certificato penale immacolato….
Sgamato l’imbroglio, si è riusciti a tenere lontani, almeno sin qui, la Commissione antimafia che ha annunciato di voler esaminare solo le liste nei comuni sciolti per mafia. Neanche il tempo per gioirne che ecco la doccia fredda: «Le indagini in corso non si fermeranno in presenza di scadenze elettorali».
Il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto lo ha detto in prima persona e scandendo bene le parole. Chissà se è solo lui a pensarla così? Nel dubbio hanno provato a chiederlo anche al procuratore reggente Giovanni Bombardieri. È andata anche peggio: «Le indagini vanno avanti a prescindere dalle elezioni».
Resta in piedi solo la mossa dei disperati: tutti in lista appassionatamente. Unico metodo per marcarsi a vicenda… almeno al primo turno.
Poi tornerà il panico.

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