COSENZA I pentiti parlano e la politica del Cosentino trema. È questo il leit motiv che circola, insistente, in Calabria a tutte le latitudini. Non è un mistero che la Direzione distrettuale di Catanzaro stia lavorando intensamente e diverse sono le indagini in corso, sulle quali vige e – così deve essere – uno stretto riserbo. Ma ci sono dei dati di cui tener conto. Diversi sono i presunti esponenti delle cosche del Cosentino che, negli ultimi mesi, hanno deciso di “saltare il fosso”, come si dice in gergo. Ovvero di collaborare con la giustizia. Nei giorni scorsi, è stata resa nota la notizia del pentimento di Daniele Lamanna. Il presunto esponente del clan “Rango-Zingari”, fino a qualche settimana fa ristretto al 41 bis nel penitenziario di Novara, è accusato anche dell’omicidio di Luca Bruni, il figlio del boss “Bella bella”, che sarebbe stato ammazzato il 3 gennaio 2012. Lamanna per questo omicidio è sotto processo davanti alla Corte di Assise di Cosenza. Per l’agguato a Luca Bruni poliziotti e carabinieri, un anno fa, hanno arrestato anche Maurizio Rango, 38 anni, e Franco Bruzzese (47), ritenuti “reggenti” della cosca egemone in provincia di Cosenza. Ad accusare Daniele Lamanna di questo delitto – di cui lui sarebbe esecutore materiale – è stato il collaboratore di giustizia Adolfo Foggetti.
Spunta, quindi, un nuovo pentito a breve tempo da un altro pentimento eccellente. Lo scorso 9 marzo è stato confermato dagli inquirenti che Franco Bruzzese, il presunto capo della cosca degli zingari di Cosenza, ha deciso di vuotare il sacco da alcune settimane. La scelta di collaborare con la giustizia si è già materializzata con le dichiarazioni che il nuovo pentito ha fornito agli uomini della Dda di Catanzaro finite in un verbale poi allegato agli atti dell’inchiesta del processo contro la cosca cosentina, che si è da poco concluso a Catanzaro per gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato. E al termine del quale Rango si è beccato l’ergastolo proprio per l’omicidio Bruni. Potrebbero essere stati il pentimento di Bruzzese e la condanna al carcere a vita per Rango (inflitta in abbreviato) a determinare – probabilmente – in Lamanna la decisione di pentirsi. Il primo a saltare il fosso e raccontare come è stato ammazzato Luca Bruni è stato il pentito Adolfo Foggetti, condannato in abbreviato a sei anni per questo delitto. Le sue dichiarazioni sono state adesso ampiamente confermate dal racconto del neocollaboratore Bruzzese.
PENTIMENTI ECCELLENTI Come specificato dal collaboratore Adolfo Foggetti circa un anno fa, anche Bruzzese ha confermato che il movente che portò ad eliminare Luca Bruni fu il sospetto che potesse collaborare con la giustizia. Ma non solo. Luca Bruni, dopo la morte per cause naturali di suo fratello Michele, era salito ai vertici della cosca, un clan che il nascente gruppo Rango-Zingari aveva tutta l’intenzione di eliminare definitivamente dalla scena criminale cosentina. Per questo motivo il tre gennaio 2012 Luca Bruni sarebbe stato attirato in una trappola dalle persone di cui più si fidava, Foggetti e Daniele Lamanna, con la scusa di partecipare a un summit al quale avrebbero preso parte anche i boss Ettore Lanzino e Franco Presta. Invece la vittima venne portata in un campo sperduto a Castrolibero e uccisa a colpi di pistola. Poi, il suo corpo venne seppellito e ritrovato lo scorso anno proprio grazie alle dichiarazioni di Adolfo Foggetti. All’organizzazione e all’occultamento del cadavere – secondo il racconto di Adolfo Foggetti, ora confermato da quello di Bruzzese – partecipò anche Ettore Sottile, il quale però sarebbe rimasto nascosto nelle fasi in cui veniva tesa la trappola e Bruni avrebbe incontrato i suoi aguzzini proprio perché il giovane Luca, in quel periodo, non si fidava quasi di nessuno. Per questo motivo il gip di Catanzaro, Giuseppe Perri, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Sottile per omicidio volontario e occultamento di cadavere. Il provvedimento cautelare è stato emesso dopo le dichiarazioni di Bruzzese e le indagini svolte dalla Dda di Catanzaro. Bruzzese – che si trovava ristretto in regime di 41bis – ha confermato quanto dichiarato sulla vicenda di Luca Bruni dal collaboratore Adolfo Foggetti, accusando se stesso nel suo ruolo di mandante e indicando tutti i personaggi coinvolti ponendo in evidenza il ruolo di Sottile il quale, peraltro, è già imputato per tale grave fatto di sangue unitamente a Bruzzese, Maurizio Rango, Daniele Lamana e Adolfo Foggetti.
ALTRI PENTITI DESCRIVONO LA GEOGRAFIA CRIMINALE Nel fascicolo di indagine sul clan Rango-Zingari è finita anche la geografia criminale del Cosentino descritta da Giuseppe Montemurro, ritenuto il “buttafuori” prima del clan Lanzino e poi della cosca Rango-Zingari, che da diversi mesi collabora con la giustizia. Infatti, le sue dichiarazioni sono finite in un verbale redatto dalla squadra mobile di Cosenza e acquisito, negli atti dell’inchiesta su presunti esponenti delle ‘ndrine bruzie. Per gli inquirenti le rivelazioni di Montemurro sono pienamente credibili, considerate anche le ragioni che lo hanno indotto a confessare e accusare i complici. Il collaboratore ha riferito fatti – è scritto nel verbale della squadra mobile – di cui ha avuto diretta contezza, e quando ha parlato di reati commessi da persone con le quali ha avuto solo rapporti superficiali, è riuscito a fornire indicazioni precise. Gli investigatori precisano che le motivazioni che hanno portato il presunto buttafuori del clan a collaborare con la giustizia non sono state dettate da sentimenti di vendetta nei confronti dei complici, da paura o dalla necessità di avere una pena più lieve. Dopo Montemurro, nel giro di due giorni altri due hanno deciso di vuotare il sacco. I giovani Marco Paura e Marco Massaro arrestati per droga e altri reati.
Nella scena criminale del Cosentino spuntano nuovi pentiti ma anche collaboratori eccellenti, che vanno ad aumentare il già folto numero di collaboratori di giustizia. Uno dei primi a parlare fu Franco Pino (nel maggio del 1995). Clamore – non solo mediatico – fu quello suscitato da Edyta Kopaczinska (nell’agosto del 2013) compagna del defunto Michele Bruni. Un anno prima aveva deciso di vuotare il sacco anche Pierluigi Terrazzano e lo avrebbe fatto per amore della sua donna. Sono anche le dichiarazioni di Terrazzano a finire nella recente inchiesta “Sistema Rende” che ha coinvolto politici eccellenti – tra i quali l’ex sottosegretario Sandro Principe – e presunti esponenti del clan Lanzino-Ruà e che avrebbe svelato un sistema di presunti scambi di volto in cambio di favori. Un sistema tratteggiato anche nei verbali dei pentiti Adolfo, Vincenzo ed Ernesto Foggetti. Quattro interrogatori, registrati fra il 12 febbraio e il 20 marzo del 2015, che rischiano di sconvolgere la politica cosentina e regionale.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it
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