CATANZARO Rispettare la privacy di un indagato, evitare che aspetti privati della vita di una persona sottoposta a indagini divengano di pubblico dominio. È un argomento non nuovo, questo, per la magistratura italiana, pane quotidiano per le Procure alle prese con atti investigativi fatti anche di intercettazioni ambientali e telefoniche. Un tema delicato sul quale ieri, in un’intervista al Corriere della Sera, è intervenuto il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Giovanni Legnini.
«La settima commissione del Csm – ha detto Legnini – è al lavoro per elaborare linee guida per indicare alle Procure italiane “buone prassi” […]». Secondo il vicepresidente del Csm l’obbiettivo che già alcune grandi procure si sono date è quello di «conciliare l’utilizzo necessario di uno strumento investigativo essenziale con i diritti alla riservatezza e di cronaca, costituzionalmente garantiti».
Un obbiettivo che si è posta, tra le prime in Italia, anche la Procura di Catanzaro. Risale allo scorso 3 marzo, infatti, l’adozione delle Linee guida in materia di intercettazioni che la Procura del capoluogo ha diramato all’interno dei suoi uffici al fine di evitare la pubblicazione di aspetti riservati,non inerenti con le indagini, della vita privata degli interessati.
«Risulta evidente – si legge nel provvedimento firmato dal procuratore vicario Giovanni Bombardieri – che al fine di evitare la possibilità di diffusione del contenuto di conversazioni intercettate ma assolutamente prive di rilievo investigativo o addirittura inutilizzabili, occorre disciplinare compiutamente l’attività investigativa di analisi e trascrizione delle medesime». Le Linee guida sono indirizzate anche al lavoro della polizia giudiziaria che, in caso di dubbi sulla redazione delle trascrizioni, dovrà rivolgersi al pubblico ministero.
Argomento delicato quello delle intercettazioni, che lo scorso 3 dicembre è stato trattato anche da Nicola Gratteri, magistrato che guiderà la Procura di Catanzaro dopo la ratifica del Plenum del Csm, nel corso del suo intervento al corso di formazione professionale, indetto dall’ordine dei giornalisti, dal titolo “Tra legalità declamata e legalità come valore fondante. Il ruolo dell’informazione”. Argomento cardine della lectio di Gratteri è stata la riforma sulle intercettazioni proposta dalla commissione, da lui presieduta, per l’elaborazione di proposte normative in tema di lotta alle mafie. «Noi abbiamo pensato che nello scrivere un’ordinanza di custodia cautelare il giudice non possa integralmente riportare le intercettazioni telefoniche», ha detto Gratteri. Si pone il veto soprattutto a quel materiale che riguarda la vita privata dell’indagato e non ha nessuna attinenza con i capi d’imputazione contestati. «Intercettare una persona è un’attività veramente invasiva – ha proseguito il magistrato –, basti pensare che passiamo al microscopio almeno due anni della sua vita».
ale. tru.
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