BRIATICO «Nella sub-cultura mafiosa la gestione e l’organizzazione di eventi pubblici, in specie di natura religiosa, costituisce una imperdibile occasione per ostentare presso la popolazione di riferimento il proprio potere criminale». Briatico e il clan Accorinti, diretta espressione dei ben più potenti Mancuso, non fanno eccezione alla regola. Nessuno in paese poteva partecipare all’organizzazione della tradizionale festa del 15 luglio per la Madonna del Monte Carmelo, nessuno poteva portare in processione la statua né a terra né a mare, se non il boss Antonio Accorinti e la sua famiglia. Anche a dispetto della volontà del parroco, che a quell’andazzo e alle attività ludiche tradizionalmente organizzate dal clan dopo la processione, voleva porre fine. Ma non ha potuto.
LA FESTA DEL CLAN Il boss ha imposto la sua legge e don Salvatore Lavorato si è piegato. Dunque di buona lena Antonio Accorinti, si è dato da fare per contattare e ingaggiare il gruppo “folk” denominato “Zona Briganti” – la cui esibizione è stata sovvenzionata dalla “colletta” di non meglio specificati cittadini di Briatico da tempo trasferiti a Milano – come per organizzare i giochi pirotecnici a conclusione della festa. La “sua” festa. Perché quel tradizionale appuntamento a Briatico è sempre stato appannaggio del clan. A rivelarlo agli inquirenti è stato il parroco Don Salvatore Lavorato, che agli investigatori ha rivelato come per anni non sia stato costituito nessun comitato per l’organizzazione della festa: «Sono stato contattato dal signor Accorinti Antonio il quale mi ha proposto di poter organizzare in prima persona l’evento. Ho accettato tale proposta anche perché nessun altro cittadino ha fornito la sua collaborazione per l’evento». Il boss – racconta il parroco – si è occupato di tutto. Dal gruppo che si è esibito, alle luminarie con cui è stato adornato il paese fino ai due spettacoli pirotecnici, che hanno aperto e chiuso la festa. Un copione – racconta il religioso – che si è ripetuto identico anche l’anno precedente, quando il boss ha portato a Briatico, tramite la “Divas management” di Porto Salvo, la cantante Ivana Spagna.
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LA MADONNA SULLA BARCA DEL BOSS Ma il boss – aggiunge il parroco – «per la consueta processione a mare della Madonna del Carmelo ha provveduto con un’imbarcazione di sua proprietà. La statua della Madonna è stata trasportata a bordo della citata imbarcazione lungo la costa briaticese». Un privilegio che a nessun’altra famiglia del paese è stato concesso e che gli Accorinti hanno sempre considerato loro naturale prerogativa.
IL CONTROLLO DELLA PARROCCHIA Lo ha confermato anche l’ex parroco del posto, don Luigino Fuschi, che quasi sconsolato racconta «certi soggetti del luogo dovendo imporre il loro dominio nel paese, quando ciò non era possibile perché ad esempio il Comune era commissariato, si indirizzavano alla parrocchia nel tentativo di influenzare e dominarne l’attività pastorale. Quando invece il Comune era amministrato da una giunta, si dedicavano solamente all’attività svolta dai suoi componenti».
LA POPOLAZIONE PIEGATA Ma sulla festa della Madonna del Monte Carmelo, c’è sempre stata tensione. Nella costruzione di quella tradizionale ricorrenza, il parroco ha sempre puntato a coinvolgere tutto il paese, ma non è mai riuscito nell’intento. Era ed è sempre stata cosa degli Accorinti e il paese con la sua indifferenza agli appelli del parroco, lo ha sempre confermato. «La popolazione non mi ha mai coadiuvato nell’organizzazione della ricorrenza fatta eccezione per poche persone le quali, purtroppo, secondo me non erano serene. Facevo fatica a trovare qualche volontario che si occupasse del trasporto delle statue». Quell’onore spettava solo al boss e ai suoi familiari, che quel parroco testone, che rifiutava i loro regali e non è mai salito in barca con loro durante la processione a mare, non lo hanno mai digerito.
PROCESSIONE IN CAMPEGGIO «In un’occasione – rivela il sacerdote – esponenti della famiglia Accorinti si proposero per modificare le finestre della chiesa del Carmine perché sono fisse e non si possono aprire. Io rifiutai la proposta perché la ritenevo un modo per imporsi. In tutto il periodo in cui sono stato parroco a Briatico, ovvero 2003/2009, la mia missione è stata ostacolata ed ignorata dalla maggior parte della popolazione». Ma sono tanti i no che il sacerdote ha dovuto dire nei suoi anni a Briatico. «So che una volta terminata l’uscita al mare con la Madonna, hanno chiesto di portarla all’inizio del loro campeggio (di proprietà degli Accorinti) ove, una volta giunta, hanno fatto dei grandi fuochi artificiali, molto più grandi di quelli che io facevo il giorno della festa. Non ho mai seguito la processione fino al campeggio. Secondo me la statua non doveva essere portata davanti a proprietà private».
IL CALVARIO DI DON FUSCHI Il clan però non la pensava così e ha fatto di tutto per convincere quel parroco scomodo, che osava opporsi a quella che a Briatico era legge, ad andar via. «Durante tutto il periodo passato a Briatico, ho percepito ostilità nei confronti della mia persona. Ho ricevuto numerose lettere anonime con cui veniva manifestato il disappunto per la mia presenza perché impediva che ritornasse il parroco precedente Padre Zeffirino. Una volta mi hanno danneggiato l’autovettura; fatto che ho denunciato ai carabinieri del posto. Non ho un ricordo felice di quel periodo. Sono venuto via volentieri. Sono a Milano dal settembre 2009 come vice parroco della chiesa del Carmine». Don Fuschi è stato di fatto costretto a scappare, ma l’opposizione che gli è costata tanti guai e preoccupazioni non è mai riuscita a impedire al clan di essere il protagonista delle celebrazioni religiose. E non solo in occasione della processione della Madonna del Monte Carmelo.
UNA TRADIZIONE TUTTORA VIVA Anche per la tradizionale Affruntata, rappresentazione religiosa, tipica delle zone di Reggio Calabria, Vibo Valentia e della parte meridionale della provincia di Catanzaro in periodo pasquale, sono stati gli uomini vicini al clan Accorinti a rivendicare per sé il trasporto delle statue. Per le ‘ndrine, si legge nel provvedimento di fermo «il trasporto dei fercoli sacri rappresenta una straordinaria occasione per le ‘ndrine, da un lato, di ostentare la propria supremazia sul territorio e dall’altro, di mantener fede ai tradizionali retaggi – fatti di una apparentemente inspiegabile commistione tra sacro e profano – propri della più antica tradizione ‘ndranghetistica. Assume peculiare valore il trasporto del fercolo di “San Giovanni”, in quanto tradizionalmente simboleggia la detenzione del potere mafioso sul paese». Una tradizione – testimoniano le informative redatte dai carabinieri – che si mantiene intatta, nonostante editti, ordinanze e appelli di diocesi e arcidiocesi.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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