LAMEZIA TERME Si comincia a indagare a fondo sulla gestione delle Aterp e sull’utilizzo che le aziende per l’edilizia residenziale pubblica hanno fatto dei fondi ex Gescal. Gli uomini del comando provinciale della Guardia di finanza di Vibo, infatti, questa mattina si sono recati alla Cittadella regionale di Germaneto, negli uffici del dipartimento Lavori pubblici, per acquisire documenti riguardanti, in particolare, l’Aterp di Vibo.
Gli enti che si occupano delle case popolari in Calabria sono al momento al centro di un iter che, anche se in ritardo rispetto alle scadenze individuate dalle leggi regionali, dovrebbe portare all’accorpamento delle ex aziende provinciali in un unico organismo regionale. Ma, soprattutto, come rivelato qui dal Corriere del Calabria, uno dei problemi più grossi che si trova adesso ad affrontare la politica è quello riguardante la gestione dei fondi ex Gescal, un cospicuo “tesoretto” alimentato dalle trattenute in busta paga ai lavoratori che sarebbe dovuto servire per costruire nuove case popolari, per effettuare la manutenzione di quelle già esistenti o, al limite, per espropriare i terreni su cui costruire gli immobili. Invece, come abbiamo raccontato più volte, questi soldi spesso sono stati spesi per finalità che hanno poco, pochissimo a che vedere con gli scopi a cui erano destinati. E proprio a Vibo, quando a reggere l’Aterp era l’allora commissario Tonino Daffinà, i fondi ex Gescal sono stati utilizzati, per fare un esempio, per coprire almeno il 60% dell’acquisto della sede (costata 2,8 milioni di euro) in cui l’Aterp, già destinata all’accorpamento in unico ente regionale, era in affitto – una circostanza rivelata dal Corriere della Calabria nel novembre del 2014 (numero 175 del settimanale). E già nel febbraio del 2015 le fiamme gialle, su disposizione della Procura guidata da Mario Spagnuolo, acquisirono diversi documenti nella sede dell’Aterp vibonese.
Di recente la Regione ha avviato una ricognizione per capire come siano stati spesi questi fondi – all’origine il “tesoretto” ammontava a circa 200 milioni di euro – ma potrebbe essere troppo tardi per cercare di fare un po’ di luce nel buco nero che negli anni si è creato sui fondi ex Gescal. Intanto perché una fetta molto consistente di questo patrimonio è stata già spesa e non si sa come, e poi perché, per l’ennesima volta, la magistratura potrebbe essere arrivata prima della politica a fare luce su un comparto che, negli anni, è stato al centro di affari e clientele che nulla hanno a che vedere con le case popolari.
Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it
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