VIBO VALENTIA Ventiquattro anni di reclusione: è questa la condanna inflitta dalla Corte di Assise d’Appello di Catanzaro a Emilio Antonio Bartolotta, ritenuto al vertice dell’omonimo sodalizio di Stefanaconi, ritenuto colpevole dell’omicidio di Michele Penna, il giovane assicuratore – e appartenente ad una fazione opposta – di cui si sono perse le tracce il 19 ottobre del 2007 e il cui corpo non è stato più trovato. In primo grado l’imputato era stato condannato a 25 anni di carcere ma dopo l’annullamento con rinvio da parte della Cassazione si era reso necessario un nuovo processo. Nel frattempo Bartolotta era stato arrestato nell’ambito dell’operazione “Amarcord” in quanto ritenuto il mandante dell’uccisione di Antonino Lopreiato, ritenuto il vertice del gruppo opposto a quello costituito dall’imputato e vicino al clan Patania. Col passare del tempo, tuttavia alcuni capi d’imputazione, come ad esempio l’occultamento di cadavere e simulazione di reato, sono caduti in prescrizione facendo abbassare lievemente la pena inflitta oggi dalla Corte. Il procuratore generale Maria Alessandra Ruberto aveva chiesto la condanna a 24 anni e 8 mesi di carcere. Nell’altro filone processuale, il 9 aprile del 2015 la Cassazione aveva confermato la condanna a 30 anni di reclusione inflitta al termine dell’appello-bis a carico di Andrea Foti, 32 anni, imputato per concorso nell’omicidio del 30enne – tra l’altro nominato poco prima della sparizione segretario dell’Udc di Stefanaconi – che avrebbe pagato non solo la sua appartenenza ad un gruppo criminale avverso, ma anche la relazione con la moglie di un componente del sodalizio rivale.
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