REGGIO CALABRIA Forse per evitare le strigliate che il ministro Beatrice Lorenzin ha impartito ai suoi predecessori, o forse semplicemente per capire davvero cosa sia successo nel reparto di Ginecologia e Ostetricia, il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera di Reggio Calabria, Frank Benedetto, ha istituito una commissione di indagine tutta interna ai Riuniti. A valutare l’operato dei colleghi, come a formulare delle proposte a tutela dell’azienda, per decisione del dg, saranno Giuseppe Doldo, primario di Anestesia e rianimazione del Riuniti voluto da Benedetto alla guida della direzione sanitaria, il nuovo primario di Ginecologia e Ostetricia Francesco Battaglia e il clinical risk manager Demetrio Marino. Proprio quest’ultima nomina però avrebbe fatto storcere il naso in procura. Stando a indiscrezioni, infatti, una delle dottoresse indagate, Francesca Stiriti, nel rispondere alle domande di giudice e pm durante l’interrogatorio di garanzia, avrebbe tirato in ballo proprio Marino. Secondo la dottoressa, il collega sarebbe stato perfettamente a conoscenza del sistema di manomissione e alterazione delle cartelle, perché almeno in un caso personalmente e direttamente coinvolto. Adesso toccherà agli inquirenti capire se si tratti della stessa persona voluta dal dg in commissione, come pure in che misura siano fondate le accuse rivolte dalla Stiriti, che ieri ha risposto fino alle 23 alle domande degli inquirenti.
Nel frattempo, continuano ad aumentare le denunce di ex pazienti passate dal reparto di Ginecologia. Tanto al comando della Guardia di finanza, come in procura, a decine si sono presentate – cartelle cliniche alla mano – per raccontare quanto subìto. Si tratta di casi – stando a quanto filtra – che non riguardano solo il 2010 ma anche gli anni successivi, che adesso potrebbero divenire oggetto di indagine e approfondimento per la procura. Allo stesso modo, l’indagine rischia di allargarsi anche ad altri nosocomi. Almeno in un caso infatti, uno dei medici del reparto di Ginecologia e Ostetricia è stato contattato come consulente di parte di colleghi finiti nei guai per un intervento mal riuscito. Si tratta dell’ex primario Pasquale Vadalà che – intercettato nel 2014 – assicura ad una collega dell’ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme il proprio aiuto per risolvere una situazione potenzialmente pericolosa per il reparto. A eseguire quel cesareo andato male era stato infatti un collega cui era stato interdetto l’accesso in sala operatoria. «Se esce fuori questa cosa è un bordello!», dice l’ex primario alla collega, che mormora: «E non so io come fare a fare in modo che questa cosa non esca… che nessuno parli di questa cosa». È qui che Vadalà, con fare esperto, chiede: «Già hanno preso la cartella?». La dimostrazione, sottolinea il gip, che l’ex primario «persevera nel modus operandi che aveva caratterizzato per anni la sua condotta, prendendo in considerazione l’ipotesi di manipolare i dati riportati nella cartella clinica inerente l’intervento, ipotesi scartata dalla collega, solo perché sarebbe stato difficile trovare altro medico».
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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