Sì, è vero, un cittadino non dovrebbe mai implorare per vedere riconosciuto un suo diritto, nemmeno quando da cronista maldestro storpia il titolo di un libro di poesie per attirare l’attenzione su un umile blog. Ma la questione – il nuovo ospedale di Vibo Valentia – ha assunto contorni talmente grotteschi da ispirare, più che il registro della supplica, quello dell’esasperazione vera e propria. Il nuovo nosocomio che dovrebbe essere il riferimento sanitario di una delle province più marginali d’Italia, infatti, è ormai una figura mitologica, ma la sanità, evidentemente, a queste latitudini non è argomento su cui è ancora possibile prodursi nell’esercizio della mitopoiesi. Detta in termini meno saputelli: basta favole, basta sotterfugi, basta bugie. Sulla sanità, in Calabria e in particolare a Vibo, non si può giocare così. E scriverlo, ripeterlo, gridarlo se necessario, non è pratica populista, almeno non quanto ricorrere a ciclici annunci che puntualmente vengono smentiti dai fatti, ovvero dai fatti che non si concretizzano.
Ricapitoliamo. Marzo 2015, incontro istituzionale in Prefettura a Vibo: Oliverio annuncia, in piena campagna elettorale per le Comunali, che il cantiere per la costruzione del nuovo ospedale sarebbe stato aperto entro settembre dell’anno scorso. Agosto 2015, festa de L’Unità di Serra San Bruno: Oliverio aggiusta il tiro e dice che i lavori partiranno «entro la fine del mese di dicembre». Febbraio 2016, commissione Sanità a Palazzo Campanella: dopo l’audizione della dg dell’Asp vibonese Angela Caligiuri il presidente dell’organismo, il vibonese Mirabello, parla di «inquietanti questioni in ordine al ritardo con cui si sta procedendo alla realizzazione delle opere»; qualche giorno prima, in una conferenza stampa congiunta col collega Guccione, lo stesso Mirabello aveva parlato della presenza di metalli pesanti nel terreno su cui si dovrebbe costruire l’ospedale. Aprile 2016: la direttrice del dipartimento Arpacal di Vibo, Angela Diano, conferma la circostanza spiegando che «l’indagine ambientale preliminare, effettuata nel 2014, aveva fatto emergere superamenti di CSC (concentrazioni soglia di contaminazione, ndr) per due parametri, il berillio e il vanadio».
Chiunque, quindi, capisce che, nonostante la prima posa della prima pietra risalga al 2004 – mentre il nuovo contratto è stato firmato a settembre del 2014 –, ancora di far partire i lavori non se ne parla. E difficilmente pare che se ne possa parlare per il 2016. Oltre al rischio idrogeologico a cui è soggetta l’area, oltre alla presenza nel terreno di sostanze pericolose per la salute umana come berillio e vanadio, ci sono infatti altri problemi riguardanti l’adduzione idrica e i collegamenti stradali tra il futuro nuovo ospedale e il mondo circostante. Ma quello che sconcerta è che tutto ciò in molti, tra politici e burocrati, lo sapevano da tempo, da ben prima delle promesse spericolate di Oliverio.
È per questo che, in una terra in cui si muore a 16 anni per banali interventi chirurgici, in cui l’ospedale del capoluogo cade letteralmente a pezzi e quelli dell’entroterra subiscono i tagli barattati dalla politica con postazioni di potere, sarebbe ora che la classe dirigente regionale concedesse ai vibonesi almeno qualche frammento di verità.
s.pelaia@corrierecal.it
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