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Guccione, Paolini e il patto di non belligeranza

COSENZA È un accordo verbale, al momento. Ma i protagonisti giurano che nessuno verrà meno agli impegni presi. Già, perché nel centrosinistra cosentino ormai ne sono tutti convinti: bisogna evitare…

Pubblicato il: 05/05/2016 – 13:20
Guccione, Paolini e il patto di non belligeranza

COSENZA È un accordo verbale, al momento. Ma i protagonisti giurano che nessuno verrà meno agli impegni presi. Già, perché nel centrosinistra cosentino ormai ne sono tutti convinti: bisogna evitare il disastro del 2011, quando buona parte del Pd (la corrente guidata da Nicola Adamo) votò al ballottaggio per il candidato del centrodestra Mario Occhiuto. E allora, eccola la soluzione: trasformare il primo turno nelle primarie invocate e mai celebrate, per poi unire gli sforzi contro il sindaco uscente in caso di secondo turno.
La linea è stata messa a punto a Roma da Marco Minniti e Tonino Gentile ed è stata recepita da Carlo Guccione ed Enzo Paolini. Raccontano, infatti, che quando il sottosegretario alfaniano ha chiamato il suo collega di governo per comunicargli la scelta del Nuovo centrodestra di non lasciare l’avvocato del Pse, la principale raccomandazione sia stata la seguente: «Marco, sono certo che capirai la nostra posizione. Però su una cosa ti prometto il massimo impegno: da parte nostra condurremo una campagna elettorale all’insegna dei toni corretti e civili e ci aspettiamo che altrettanto facciate voi. Abbiamo un avversario comune ed è alla vittoria finale che si deve puntare». Dunque, se non siamo davanti a un vero e proprio patto di non belligeranza, poco ci manca.
Ci sono dinamiche nazionali che inglobano equilibri locali. Come quelli relativi ai candidati (un tempo fedelissimi di Guccione) adesso inseriti nelle liste che sostengono Paolini. E c’è poi il feeling tra Carlo ed Enzo che non è certo recente. Guccione, nel 2011, fu tra i pochissimi big del Pd (l’altro grande regista di quello strappo fu Mario Oliverio) ad appoggiare la corsa a sindaco dell’ex assessore della giunta guidata da Giacomo Mancini contro il volere del Nazareno.
Quella, comunque, è roba passata. Il presente potrebbe essere rappresentato da un incontro (più o meno informale) tra i due aspiranti primo cittadino magari da celebrare dopo la presentazione ufficiale delle liste. Un faccia a faccia per sancire che sì, sarà pure competizione tra i due ma all’insegna del politically correct.
Nel Pd, d’altronde, l’ordine impartito da Minniti è chiaro: evitare harakiri che possano compromettere la riconquista di Cosenza.
Insomma, l’obiettivo è quello di spegnere sul nascere ogni tentativo di polemica. «Solo un partito unito può ambire alla vittoria nel capoluogo», è il ragionamento dei colonnelli dem.
E proprio tenendo a mente questa indicazione può essere meglio interpretata la decisione della segreteria regionale e provinciale del Pd di vietare l’uso del simbolo ufficiale del partito nei comuni cosentini sotto i 15mila abitanti chiamati al voto. È un escamotage, quello messo a punto da Magorno e Guglielmelli, per chiamarsi fuori da ogni contesa. Soprattutto per tirarsi fuori dal guazzabuglio Cariati, dove sono in lizza due candidati a sindaco che fanno riferimento alle diverse correnti interne ai dem.

Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it

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