VIBO VALENTIA Inizialmente prevista per il pomeriggio di venerdì, è invece slittata a ieri mattina l’autopsia sul corpo di Salvatore Scrivo, il commerciante 59enne ucciso mercoledì sera a Serra San Bruno. Dopo l’esame autoptico, eseguito all’ospedale “Jazzolino” dal medico legale Rocco Pistininzi, la salma è stata quindi restituita alla famiglia in vista dei funerali dell’uomo, che si terranno a Serra oggi, alle 15, nella chiesa dell’Assunta di Spinetto.
Continuano senza sosta, intanto, le indagini degli uomini del commissariato di polizia di Serra (guidati dal dirigente Valerio La Pietra) e della squadra mobile di Vibo (agli ordini del dirigente Tito Cicero e del suo vice Marco De Bartolis), che sono al lavoro per sciogliere il rebus dell’agguato costato la vita al 59enne. Pur essendo la sua una famiglia estranea ad ambienti criminali, infatti, “Rino” Scrivo era personaggio già noto alle cronache giudiziarie perché condannato a 6 anni nel processo per narcotraffico scaturito dall’operazione “Attacco incrociato”, condotta dalla Dda di Reggio nel 2008. Oltre ai legami, emersi da quell’inchiesta, con alcune famiglie del Reggino, in particolare con uomini degli Alvaro di Sinopoli, nel passato dell’uomo ci sarebbero anche rapporti con le cosche dell’entroterra vibonese. Di lui, in particolare, ha parlato il pentito Enzo Taverniti, che ha raccontato agli inquirenti della sua presenza, in qualità di presunto appartenente alla “società” di Serra San Bruno, al rito di affiliazione del boss delle Preserre Bruno Emanuele alla “società” di Ariola di Gerocarne. Di Scrivo, inoltre, negli archivi delle forze dell’ordine ci sarebbero diverse tracce come elemento già presente, benché con un ruolo marginale, nelle dinamiche dei gruppi criminali della zona già negli anni della prima faida dei boschi, che vide contrapposti il clan Vallelunga (uscito vincente e tuttora egemone nelle Serre) e il cartello Ciconte-Emanuele-Nardo.
Il fascicolo sull’omicidio di Scrivo è ancora in mano al pm della Procura di Vibo Concettina Iannazzo, ma ormai gli inquirenti hanno pochi dubbi sulla matrice ‘ndranghetista dell’agguato. Le ricostruzioni dei periti balistici hanno rivelato che contro il 59enne sono stati sparati cinque colpi di fucile calibro 12 da una distanza di 10-15 metri. I killer, molto probabilmente, erano appostati dall’altra parte della strada – al momento dell’agguato, le 21,15 di mercoledì, pioveva a dirotto – e hanno colpito Scrivo mentre stava entrando nell’auto parcheggiata proprio davanti all’abitazione della sorella, da cui era appena uscito. Un’azione, insomma, che sembrerebbe compiuta da “professionisti”.
Dopo aver sentito le persone più vicine alla vittima, gli inquirenti stanno cercando di capire se ci fossero, e quali fossero, rapporti recenti tra Scrivo e le cosche delle Serre e delle Preserre.
Nel paese della Certosa, dove dalle ore successive all’agguato si sono intensificati i controlli della polizia e dei carabinieri guidati dal capitano Mattia Ivano Losciale, sotto un velo di calma apparente cresce il timore che l’omicidio di mercoledì possa essere il sintomo di una rottura dei fragili equilibri criminali della zona. Se infatti si considera che nessuno dei tanti fatti di sangue rientranti nella seconda faida dei boschi (consumatasi tra il 2009 e il 2012 nel triangolo Serra-Soverato-Guardavalle) è avvenuto nel territorio serrese, e si fa eccezione per il duplice omicidio Cravè-Campese e per il delitto Andreacchi che non rientrano in dinamiche ‘ndranghetiste, non si sparava nel centro abitato della cittadina bruniana da poco meno di trent’anni. L’ultimo omicidio eclatante, infatti, fu quello, avvenuto nel luglio del 1989, di Pasqualino Nardo, considerato esponente di spicco del clan Ciconte e ucciso a colpi d’arma da fuoco in pieno centro storico.
Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it
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