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Soppressione Corte d'appello di Reggio, l'Antimafia dice no

REGGIO CALABRIA La proposta di accorpamento delle Corti d’appello di Reggio Calabria e Catanzaro è «assolutamente non condivisibile, e per certi versi incomprensibile». Non lascia spazio a equivoci…

Pubblicato il: 07/05/2016 – 9:57
Soppressione Corte d'appello di Reggio, l'Antimafia dice no

REGGIO CALABRIA La proposta di accorpamento delle Corti d’appello di Reggio Calabria e Catanzaro è «assolutamente non condivisibile, e per certi versi incomprensibile». Non lascia spazio a equivoci o fraintendimenti la Commissione parlamentare antimafia, che con la sua relazione sulla situazione degli uffici giudiziari calabresi manda un messaggio chiaro al governo Renzi: in Calabria stai sbagliando tutto.

LA CAPITALE DELLA ‘NDRANGHETA SENZA STRUMENTI PER COMBATTERLA «I vertici degli uffici giudiziari reggini chiedono – dati alla mano – un ampliamento degli organici di magistrati e personale amministrativo ma lo Stato invia un segnale di segno nettamente opposto, gravissimo: propone la soppressione della Corte d’appello di Reggio Calabria perché il bacino di utenza non raggiunge il milione di abitanti». Una valutazione fatta ad abaco ma pericolosamente lontana dalla realtà, segnala la Commissione, perché di fatto non considera un dato fondamentale: «Secondo i dati diramati dal ministero dell’Interno, si concentrano la circa la metà dei 4.389 affiliati alle 160 organizzazioni criminali che operano in Calabria». Traduzione, la densità criminale non è di certo direttamente proporzionale alla densità abitativa e la cosa, per un governo che afferma di considerare la ‘ndrangheta emergenza nazionale, non può essere ignorata. E per una questione molto semplice: eliminare la Corte d’appello significherebbe anche «la soppressione della procura distrettuale di Reggio Calabria, della sezione Gip-Gup con competenza sui reati di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, della sezione distrettuale per il riesame del Tribunale di Reggio Calabria, del Tribunale per i minorenni».

«EMERGENZA NAZIONALE? LA SI TRATTI COME TALE» In sintesi, nella capitale della ‘ndrangheta verrebbero cancellati luoghi e strumenti necessari per contrastare la ‘ndrangheta stessa. Una vittoria a tavolino per le ‘ndrine, causa ritiro dell’avversario. «Siamo nella terra della ‘ndrangheta, l’organizzazione mondiale più accreditata a livello del narcotraffico con basi logistiche e strategiche anche in Europa e nei Paesi del Sud America – aveva tuonato la presidente della sezione gip gup Olga Tarzia in occasione dell’ultima missione della Commissione parlamentare antimafia a Reggio -. In Calabria si trova l’organo di vertice della ‘ndrangheta, che ha competenza non solo nella Locride, non solo sulla provincia di Reggio Calabria, non solo in Calabria, ma su tutto il territorio nazionale e all’estero».
E per il presidente di quei giudici che per compito e funzione valutano le inchieste e le richieste di misure che da esse scaturiscono, questo ha un significato molto preciso. E che trascende Reggio Calabria. «Questo vuol dire – afferma Tarzia – che la mafia è un’emergenza nazionale e proprio perché tale deve essere inserita al primo posto nell’agenda del governo perché non è tollerabile un livello d’infiltrazione così esteso sia nel sistema politico istituzionale sia la totale occupazione di spazi di mercato prima ancora autosufficienti. Se la mafia è una priorità, prioritari devono essere gli strumenti approntati per combatterla: la lotta al crimine esige una risposta che non tollera ritardi, scoperture, inefficienze».

GLI UFFICI DEVONO POTER LAVORARE Un ragionamento cristallino ed elementare, ma dalle conseguenze politiche pesantissime. Perché assumere che la ‘ndrangheta sia emergenza nazionale significa anche mettere chi combatte in prima linea in condizioni di affrontarla. «Gli uffici giudicanti reggini – denuncia il presidente dello strategico e strutturalmente in affanno ufficio gip gup – per la loro numerica inadeguatezza, per i frequenti turn over, per l’impossibilità di svolgere un’azione tempestiva ed adeguata alla richieste investigative, non sono in grado strutturalmente non solo di affrontare dignitosamente quella che è una vera e propria guerra, ma nemmeno di cimentarsi in una battaglia. La lotta alla criminalità comporta, proprio per la rilevanza assunta dal fenomeno, che l’amministrazione della giustizia investa in professionalità e in tecnologie superando anche l’alibi, sicuramente reale, delle difficoltà finanziarie. Non vi è, infatti, difficoltà finanziaria più grave di quella di cui è causa la criminalità».

MILANO SÌ, REGGIO NO Un grido di dolore che la Commissione raccoglie e fa suo. Anche perché, ricordano, anche in tempi recenti, quando da Milano si è chiesto aiuto per affrontare l’emergenza Expo, il governo ha risposto. Perché non fa lo stesso in Calabria? «La ‘ndrangheta è un’emergenza strutturale da decenni: cosa si è fatto? – tuonano i parlamentari antimafia – Reggio Calabria ha i medesimi organici del tribunale di Pavia ma Reggio Calabria non è Pavia». Non lo è per carichi di lavoro, per reati trattati e per la pericolosità sociale di questi. E le strutturali carenze di sistema finiscono per rendere inefficace il lavoro di contrasto. «Nel 2012 – ricorda al riguardo la Commissione – il gip ha emesso provvedimenti cautelari e/o comunque gestito 2750 detenuti. L’amministrazione penitenziaria ha dovuto inviare i Gom per consentire le traduzioni di indagati e imputati alle udienze. Per attendere l’arrivo di indagati e imputati detenuti, il più delle volte, non è stato possibile iniziare le udienze prima delle 13, alle 14 doveva dichiararsene la chiusura perché il personale amministrativo non poteva percepire retribuzione straordinaria». A Reggio Calabria si chiede ai magistrati di svuotare il mare con il cucchiaino.

NESSUNO VUOLE LAVORARE IN RIVA ALLO STRETTO Dunque non stupisce che siano in pochi a rendersi disponibile a farlo, tranne – sottolineano i parlamentari « i giudici di prima nomina che chiedono il trasferimento appena conseguono la legittimazione della permanenza triennale». Nel distretto di Reggio Calabria mancano 23 magistrati di cui 12 solo in città con scoperture tra il 23 e il 26 per cento degli uffici giudicanti, del 15 per cento in procura. «I posti liberi – mette nero su bianco la Commissione – sono stati messi a concorso ma, con elevata probabilità prossima alla certezza, solo alcuni di questi posti avranno aspiranti. Un approccio concreto e realistico al problema non può prescindere da una visione qualitativa e non semplicemente quantitativa della giurisdizione a queste latitudini. Il contrasto alla criminalità organizzata deve essere, per lo Stato, una priorità. L’impatto della criminalità organizzata su questa parte dello Stato italiano ha un costo sociale non più sostenibile».

CORSIE PREFERENZIALI Per questo – propongono dalla Commissione antimafia – bisogna rendere premiante lavorare a Reggio Calabria. In passato, i magistrati che rimanevano almeno cinque anni nelle sedi cosiddette disagiate – tra cui Reggio Calabria, Locri e altre sedi giudiziarie calabresi – dopo cinque anni avevano una corsia preferenziale per i trasferimenti verso le sedi libere messe a concorso e ricevevano anche un incentivo economico. Per la Commissione, «questa oculata scelta di politica giudiziaria aveva dato buoni risultati: per almeno cinque anni si poteva contare su organici quasi completi e stabili, su magistrati la cui conoscenza dei fenomeni criminali si consolidava proficuamente con positive ricadute sulla produttività, si affinava l’esperienza di giudici e pubblici ministeri che avevano l’opportunità di formarsi in una straordinaria « palestra giudiziaria » per tipologia, quantità, qualità di procedimenti trattati». Si tratta – dicono i parlamentari – di una necessità e di un’urgenza che riguarda tanto il distretto di Reggio Calabria, come quello di Catanzaro, perché «se contrastare ed estirpare la ‘ndrangheta e l’illegalità diffusa sono priorità, adeguati devono essere gli strumenti per affrontarle».

LE PROPOSTE DELLA COMMISSIONE Per questo, la Commissione propone l’adozione di alcune misure urgenti
come l’ampliamento della pianta organica dei magistrati giudicanti del Tribunale di Reggio fino a riequilibrare il rapporto con i pubblici ministeri della procura distrettuale in linea con i tribunali di Roma, Milano, Napoli e Lecce, l’ampliamento della pianta organica della procura distrettuale di Catanzaro e del tribunale, la reintroduzione di corsie preferenziali e incentivi economici per i magistrati ordinari in tirocinio che scelgano Reggio Calabria o Catanzaro e i tribunali circondariali dei loro distretti, la previsione di punteggi aggiuntivi per i magistrati che diano la disponibilità ad applicazioni extradistrettuali di almeno 24 mesi presso le sedi disagiate, nuovi bandi e nuove assunzioni di personale amministrativo, nonché l’adozione di procedure di mobilità infra-comparto compatibilmente con le scoperture nella sede di provenienza.

LA NUOVA IPOTESI DI ACCORPAMENTO E poi c’è una proposta che i parlamentari non hanno messo nero su bianco, ma sta guadagnando consensi a Roma. Piace a chi vuole ridisegnare i distretti, a chi vede la necessità di alleggerire Catanzaro, a chi conosce la storia criminale del reggino e sa che Limbadi altro non è che la più periferica provincia della Piana di Gioia Tauro. L’ipotesi è di far ricadere Vibo Valentia sotto la competenza di Reggio, salvando così la sua Corte d’appello. E su questo, a Roma si lavora.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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