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La scuola può essere ancora maestra di vita

La Scuola è ancora maestra di vita? Qualcuno sostiene che questo ruolo lo ha perduto da più di un decennio quando si è spogliata di una prerogativa che un tempo era considerata normale e andava di …

Pubblicato il: 10/05/2016 – 8:15

La Scuola è ancora maestra di vita? Qualcuno sostiene che questo ruolo lo ha perduto da più di un decennio quando si è spogliata di una prerogativa che un tempo era considerata normale e andava di pari passo con l’istruzione. Oggi quella qualità è affidata per intero alla famiglia dimenticandosi che lo studente, il giovane, è da considerare anche un bene dell’umanità che va tutelato, difeso e formato e non solamente attraverso i programmi scolastici, ma con propositi che tengano conto della sua crescita e del suo inserimento nel sociale.
Oggi che la famiglia appare sempre più distratta da un vivere convulso e difficile, diventa persino difficoltoso il dialogo e il confronto con i figli. In casa si parla poco; la convivialità della tavola che univa e aggregava il nucleo familiare si va anch’essa deteriorando e la causa è che, appunto, si parla sempre meno; i tempi vengono assorbiti dalla televisione, dal chattare con lo smartphone e il rischio è di cadere in un eccesso di individualismo esasperato che nasce dall'”isolamento” del giovane il quale spesso non trova il supporto per fare le opportune distinzioni tra ciò che è bene e ciò che, invece, bisognerebbe evitare.
Fuori dalle mura domestiche le occasioni per distrarsi sono tantissime e diventa persino utopistico pensare che i giovani, tranne alcune eccezioni, si possano interessare dei problemi sociali o politici. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: scarsa conoscenza dei problemi e mancanza del necessario ricambio in politica, tanto per citare i più noti. Ecco perché la scuola deve fare rete e ritornare ad essere non solo centro propulsivo di cultura ma anche supplente dell’educazione ai valori essenziali del vivere civile come quelli insopprimibili della democrazia, della partecipazione e, quindi, della politica intesa nel senso più nobile. Il progetto richiede tempo perché bisognerebbe, per prima cosa, individuare gli strumenti funzionali ad esso a cominciare dalla preparazione dei docenti il cui back-ground culturale risente purtroppo di una preparazione non sempre al passo con i tempi e, quindi, orfana del nuovo e più completo ruolo dell’insegnante.
Prima o poi il Paese e la Scuola dovranno pure interrogarsi se si vuole cercare di dare risposte alla diaspora dai valori fondanti e insostituibili della democrazia con il rischio che la società si possa arenare sulle sponde dell’indifferenza o della rassegnazione, entrambi linfa vitale per il proliferare del malaffare che si nutre, in tutte le sue forme, proprio della miseria dei sentimenti che instillano sfiducia e alimentano la povertà degli ideali.
Ma c’è anche un problema sociale che va oltre la Scuola e che investe soprattutto la classe dirigente. Esso attiene all’onestà e alla probità, elementi entrambi necessari per aprire la nuova sorgente di ricchezza cui si richiama la tradizione del Paese che non vuole abbandonare la strada della dignità e del decoro.

*giornalista

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