COSENZA Ha la voce rotta Enzo Paolini quando conclude il suo intervento e non sarà l’unica circostanza in cui il candidato dalle “spalle larghe” mostrerà tutta l’emozione accumulata. Sul palco a pochi metri dal cinema cittadino dove aveva immaginato, non troppo tempo addietro, di essere lui il candidato unico del centrosinistra cosentino. Un abbraccio con la figlia che aveva appena citato («sarò sempre me stesso, anche quando mia figlia chiederà: ma papà da dove vieni, dalla luna?» proprio come il sottofondo musicale finale ispirato da un brano di De Gregori), uno con Pino Gentile che ha seguito l’evento in prima fila di fianco la progenie pasionaria Katya.
(Pino e Katya Gentile, in prima fila alla presentazione della candidatura di Paolini)
Eccolo lo zenit emotivo della sua presentazione, ufficiale, alla città come candidato alla poltrona di primo cittadino. Un’ora e poco più, compresa un breve sessione coi cronisti, per un discorso che punta in alto.
Per citazioni e riferimenti, per costruzione oratoria, per l’anelito costante all’etica politica. Un sorta di “narrazione” di vendoliana memoria verrebbe da dire. Certamente qualcosa in più del “Devo dirvi una cosa”, claim pubblicitario dell’appuntamento che spopolava sui social network da qualche giorno. Sotto al palco ci sono le bandierine ed i palloncini. Moltissimi sostenitori, persino chi traduce col linguaggio dei segni le sue parole.
Si scorgono i volti orgogliosi, eppure seriosi, di quanti con l’avvocato hanno già un percorso politico comune come Giovanni Cipparrone, Sergio Nucci, Roberto Sacco, giusto per citarne alcuni, oppure di chi si era accostato da poco come Massimo Lo Gullo, gentiliano di ferro.
Parte da un messaggio pervenutogli da un genitore al doposcuola approntato dalla formazione politica del Pse in questi anni in uno dei quartieri “abbandonati” della città per affrontare la questione del mancato accordo col Pd («un compromesso è sempre possibile, sono i principi che non bisogna compromettere mai») ed è questo, come era prevedibile, la parte più pregnante da una prospettiva strettamente politica.
Afferma, Paolini, «di aver ricevuto offerte per ritirare la mia candidatura ai piani alti di un importante Palazzo (quello della Cittadella regionale, ndr), in modo da far parte di un progetto che sicuramente voleva dire incarichi. Nel loro linguaggio». Anche per questo sottolinea «non mi sento solo e mi rivolgo a tutti quelli che si stanno guardando intorno, dai cattolici alla destra liberale». Eppure, Enzo Paolini, seppure affermi sarcasticamente di “infischiarsene” come il protagonista di Via col Vento dei tradimenti e dei traditori che i giornalisti identificavano in Oliverio e Guccione, perché «non posso venire meno alla mia natura ed alla mia cultura politica che mi porta a dialogare con tutti e proprio per questo da vittima sono paradossalmente il carnefice», non chiude completamente la porta.
In fondo dice, il primo turno rappresenta “tecnicamente” delle primarie e se al ballottaggio dovesse ricevere delle proposte direbbe «no agli incarichi» e magari «sì» ad un progetto politico reale «nonostante temano la mia indipendenza, perciò il Pd non mi ama».
Al competitor Occhiuto, invece, senza mai citarlo direttamente riserva solo un passaggio molto duro: «non siamo tutti uguali, non tutti siamo inseguiti dai creditori».
E il programma? Beh, il programma («molto probabilmente simile a quello di Guccione», dirà) lo snocciola velocemente. Ad esempio la sanità «seria, con integrazione dei servizi», la mobilità anch’essa «integrata» col progetto della metropolitana da «riaggiornare», il centro storico «città vecchia dell’innovazione con una delegazione municipale in quella che fu la Casa delle Culture», la cultura stessa da rilanciare «dopo i disastri perpetrati a cominciare dal Teatro Rendano».
E poi ancora l’edilizia sociale con «patti comunali per alloggi di qualità», un «piano per il commercio», le Cooperative di tipo B «con un monte ore superiore, maggiori guadagni, parametri di produttività».
Alla fine, come si diceva, abbracci e strette di mano, confusione. Tanta da non sentire neanche gli attivisti di Hettaruzzo Hebdo che gli chiedevano un appello per perorare la causa della loro lista attualmente esclusa dai giochi.
E quel proverbio, che l’avvocato amante del rugby rammenta ai titoli di coda: «io tifo Galles, e dei gallesi si dice che puoi anche fare più punti di loro, ma non puoi sconfiggerli mai».
edo.tri.
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