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SEQUESTRO A3 | Rischi «concreti e attuali» causati dall'uomo

VIBO VALENTIA Non è stata solo la natura a causare l’esondazione del fiume Mesima il 23 e 24 marzo di quest’anno. C’è anche la mano dell’uomo dietro quel fenomeno. Anzi, di tanti uomini– tra dirige…

Pubblicato il: 12/05/2016 – 14:10
SEQUESTRO A3 | Rischi «concreti e attuali» causati dall'uomo

VIBO VALENTIA Non è stata solo la natura a causare l’esondazione del fiume Mesima il 23 e 24 marzo di quest’anno. C’è anche la mano dell’uomo dietro quel fenomeno. Anzi, di tanti uomini– tra dirigenti e tecnici dell’Anas e dell’azienda che ha ammodernato il tratto Mileto-Rosarno dell’A3 – che, secondo la Procura di Vibo, non si sarebbero fatti grossi scrupoli a mettere in pericolo migliaia di persone per risparmiare sui lavori eseguiti. Il rischio idrogeologico, si sa, è una delle piaghe che maggiormente infettano i paesaggi calabresi e l’area del fiume Mesima, al confine tra il Vibonese e la Piana di Gioia Tauro, è una delle aree più a rischio dell’intera regione.

AREA AD ALTO RISCHIO, MA NON PER L’ANAS Si parla di un’area R4, ovvero soggetta a pericoli così elevati da rendere possibile la perdita di vite umane e il grave danneggiamento di edifici e infrastrutture. E tutto ciò già si sapeva quando (ottobre 2010) fu aggiudicato l’appalto finito nel mirino della Procura guidata da Mario Spagnuolo e quando, ancora prima, fu adottato il progetto esecutivo (dicembre 2008). All’epoca, infatti, era già in vigore il Pai (Piano di assetto idrogeologico), adottato dal consiglio regionale a dicembre 2001, così come erano già valide le relative norme di attuazione, adottate a maggio del 2007. Si tratta di norme che impongono precisi obblighi agli enti pubblici, come in questo caso Anas, specie in una zona come quella in cui si andavano a costruire 4 viadotti. Secondo i tecnici della Procura il progetto «doveva essere necessariamente corredato – si legge nel decreto di sequestro vergato dalla pm Benedetta Callea – da uno specifico studio idraulico, redatto secondo le linee guida del Pai, da sottoporre a parere dell’Autorità di bacino della Calabria, vista l’interferenza del tracciato autostradale con il fiume Mesima che si evidenza tra gli svincoli di Serra e Rosarno».
Invece pare che nulla di tutto ciò sia stato fatto. A confermarlo è stato il segretario generale dell’Autorità di bacino, l’ingegnere Salvatore Siviglia, che ha spiegato agli inquirenti come la stessa Autorità non abbia mai espresso un parere sui lavori di ammodernamento di quel tratto di autostrada nonostante l’area fosse sottoposta a vincolo idrogeologico: «Per il tratto autostradale in argomento – ha chiarito Siviglia – l’Anas non ha presentato alcun programma di messa in sicurezza».

ELIMINATO L’ARGINE DEL FIUME Ma c’è di più. Per i lavori che hanno riguardato il viadotto Mesima 1 sarebbe stato eliminato «un tratto considerevole (idraulicamente critico) del preesistente argine sinistro del fiume». I tecnici della Procura con i loro rilievi hanno fotografato uno scenario «di pericolosità per rischio esondazione della strada provinciale, che può verificarsi in concomitanza di eventi meteorologici importanti anche non eccezionali». Come avvenne, appunto, nel marzo scorso, e come potrebbe avvenire ancora. Da qui la necessità, a differenza di quanto deciso per il tratto autostradale, di chiudere al traffico parte della strada provinciale 58. Su questa arteria e sulle strade interpoderali vicine, infatti, il rischio di inondazione è «concreto e attuale, ed è causalmente riconducibile sia alla mancata/inadeguata previsione di opere a difesa sia alla cantierizzazione dei lavori da parte dell’impresa costruttrice». Insomma il percorso del fiume è stato modificato durante l’esecuzione dei lavori e gli scavi, assieme alla demolizione del vecchio viadotto, hanno di fatto determinato l’eliminazione di un tratto dell’argine del Mesima.
«Il rischio esondazione in corrispondenza del viadotto Mesima 4 a danno della strada provinciale adiacente – si legge ancora nel decreto di sequestro – determina la necessità di un’adeguata sistemazione di protezione e regimentazione delle acque… Analagomente per i viadotti Mesima 1,2 e 3 il pericolo esondazione risulta evidente per le aree golenali».

«SICUREZZA? NON CI SONO I SOLDI» Ma le considerazioni espresse dai consulenti dei pm erano già emerse dalle informazioni raccolte, il 9 marzo 2016, dall’ingegnere Giuseppe Pasinetti, consulente esterno della “Cavalleri infrastrutture”. Pasinetti ha riferito agli inquirenti che «tutti i viadotti Mesima devono essere urgentemente mesi in sicurezza… omissis… in considerazione che la rilevante portata dell’alveo del fiume Mesima può provocare lo scalzamento dei piloni, in altre parole portare via la base fondazionale delle pile». Un rischio di cui secondo gli inquirenti lo stesso Gregorio Cavalleri era «perfettamente a conoscenza». Pasinetti, infatti, ha detto di aver segnalato all’azienda la necessità di mettere in sicurezza i viadotti: «È stata data la priorità d’intervento sul cavalcavia denominato Mesima 4 perché la portata idrica è maggiore, ma da ingegnere idraulico, ritenevo e ritengo tuttora che tutti i viadotti Mesima dovevano e devono essere urgentemente messi in sicurezza. Tale situazione – ha riferito Pasinetti – è stata da me oralmente rappresentata a Cavalleri Gregorio, non vi è stata da me alcuna comunicazione formale, ma questi mi ha detto che non c’erano i soldi per tali interventi e che dovevamo iniziare dal viadotto Mesima 4».
Pare che il titolare dell’azienda coinvolta nell’inchiesta fosse solito dire che «tutto ha un prezzo»; anche, evidentemente, l’incolumità delle migliaia di persone che percorrono quotidianamente quelle strade.

Sergio Pelaia
s.pelaia@corrierecal.it

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